notizie storico-critiche | Il busto di Ottavio Nazari contribuisce a definire la bella immagine del cortile dell'Ospedale maggiore fornita dal Negroni nel 1877: "chi mette il piede sotto i portici che ne circondano il bel cortile, e volga l'occhio, nel portico inferiore alle medalie, e nel superiore ai busti e ai monumenti, che la riconoscenza de'posteri ha dedicato alla memoria de'suoi benefattori, vi legge intiera una storia di carità operosa; e l'animo resta compreso di meraviglia davanti a liberalità così grande" (C. Negroni, Istituti novaresi di pubblica istruzione e beneficenza, in Monografie Novaresi, Novara 1877). Indicazioni della donazione del Nazari compaiono sulla lapide: con testamento ordinò che si erigesse nel 1630 un ricovero per infermi e pellegrini che - con instrumento pubblico del 6 aprile 1643 - fu unito all'Ospedale Maggiore. L'iscrizione apposta interiormente al busto permette di attribuire l'opera allo scultore valsesiano Giovanni Albertoni, anch'egli pensionato del Collegio Cacvcia ed artista attivo a Novara intorno a metà Ottocento. La formazione dell'Albertoni ricalca quella comune a molti artisti novaresi o della Valsesia: allievo di Giovanni Avondo a Varallo Sesia, presso la scuola di Disegno con il contributo del Collegio Caccia, passò all'Accademia di Brera prima e quella di Torino poi, con Dini e Simonetta. La sua preparazione artistica si completò a Roma tra il 1983 (sic!) ed il 1838 (Archivio di Stato di Novara, Carte diverse. Elenco dei postulanti alle pensioni e sussidi, Fondo Archivio Nobile Collegio Caccia, cart. 73) dove fu allievo del Thorwaldsen, dopo la partenza del maestro, collaboratore del Tenerani. Tutto ciò evidenzia i legami con i modelli accademici, caratterizzati da una ripresa dei modi fiorentini rinascimentali, fusi con un verismo moderato. Dopo il soggiorno romano, Albertoni torna a Torino dove avvia un'intensa attività che trova i punti principali nella realizzazione del Monumento funebre della regina Maria Cristina all'Abbazia di Altacomba (1857) e nel monumento a Vincenzo Gioberti in piazza Carignano a Torino (1859). Anche a Novara è presente, se pur con opere di minor prestigio: i busti per l'Ospedale, la statua raffigurante il Genovesi precedentemente collocata nel Palazzo civico (1840), il monumento sepolcrale nel cimitero di Novara (primo recinto, lato nord, campata 58; 1851) e partecipa all'Esposizione novarese del 1856 con una Madonna in marmo bianco; esegue infine un busto del Cavalli attualmente presso i Musei civivi (n. Inv. 1502; datato 1873). I busti eseguiti per l'Ospedale appartengono alla sua piena maturità artistica e con piena consapevolezza tecnica. Le caratteristiche stilistiche interpretano il gusto artistico della committenza (restia ad accettare le innovazioni repentine) e la natura stessa dell'incarico che doveva proporre personaggi dalle qualità uniformi di cui spesso non esistevano documentazioni iconografiche attendibili. La chiarezza volumetrica con cui è risolto il busto in oggetto, l'assialità compositiva che determina la rigidezza ed austerità, rispondono alle necessità espressive sopra indicate: non sono proposti elementi che possano fornire lo stesso commento del Debiaggi a proposito del Monumento funebre della Regina Maria Cristina in cui "la plastica monumentalità si fonde con un vivace e romantico pittoricismo" o per il monumento a Gioberti in cui "la classica compostezza è venata da un soffio romantico negli effetti di luce e di ombra" (C. Debiaggi, Dizionario degli artisti valsesiani, Varallo Sesia 1968, pp. 3-4). Per altre notizie su Albertoni si rimanda a: A. Stella, Pittura e scoltura il Piemonte 1842-1891, Torino 1893, pp. 149-154; L'iride novarese, anno IV, 16 novembre 1840; anno XX, 17 giugno 1856. |