notizie storico-critiche | Come risulta dal manoscritto del Malacrida (A. Malacrida, 1816- 20, pp. 113, 114), la definitiva sistemazione del grande ambiente nel cuore del palazzo, risale ai lavori promossi dal padre di lui Gianpietr, ed attuatisi tra il 1758 ed il 1762, a conclusione di quanto già il nonno Ascanio aveva avviato, tra le altre cose, anche "l'ossatura del salone". L'architetto fu Pietro Solari di Como e fu per la sua intercessione che Gianpietro assunse Cesare Ligari per la realizzazione il "volto" del salone e della sala. Una brusca riduzione voluta da Don Pietro Malacrida e che lasciò Cesare pieno di rancore. Intercorsero tra i due accuse e recrriminazioni e ne sono eco un buon numero di lettere facebti parte il carteggio di Cesare, conservato presso la Biblioteca Civica "Pio Rajna" di Sondrio, fonte di informazione circa la datazione dei lavori di decorazione di parte del Palazzo a cui hanno attinto studiose quali P. Glaviano, R. Bossaglia, L. Meli Bassi e S. Coppa che si sono occupate di tali argomenti. Cesare lavorò come figurista per circa due mesi e mezzo ed il maggio del 1761, realizzando nel salone "il Trionfo della Verità nelle Arti e nelle Scienze sopra l'Ignoranza", e nella sala le "Tre Grazie". Giuseppe Coduri lo affiancherà quale "architetto" per la quadratura dei due stessi ambienti, e proseguirà poi da solo, per circa altri nove mesi, senz'altro interprete della decorazione di tutto l'appartamento verso strada, di gran parte di quello verso la Corte dei polli, nonchè della nicchia nel giardino. Camillo Bassi riferisce (1924, p. 26) che "Sulllo squarcio a destra del balcone verso strada si legge: GIUSEPPE CODURI D VIGNOLI DI COMO FECE ...... DI QUESTO MESE 1761" . Attualmente, ricercata tale scritta non è però identificabile. A. Malacrida, descrivendo il salone, si sofferma in particolare ad elogiare il Coduri (A. Malacrida, 1816- 20, p. 116), riportando praticamente il giudizio che su di lui aveva già espresso il Giovio, che lo aveva definito "deligentissimo pittore d'architettura", la cui pazienza "è uguale al valore" e "pinge con molto tempo ma altresì per molto tempo" ed ancora, riferendosi alle sue quadrature, tante è la finezza con cui le lecca, che da ognuno al primo colpo d'occhio si possono distinguere" (G. B. Giovio, Gli uomini della comasca diocesi antichi e moderni, nelle arti e nelle lettere illustri, Modena, 1784, p. 65). Si limita invece, per quanto riguarda Cesare Ligari, ad una sommaria descrizione riflettendo le posizioni del Giovio, che lo definisce "pittore più che mediocre" (op. cit. p. 137), liquida sbrigativamente l'artista, come a confermare le tensioni tra il padre Gianpietro e Cesare. Il salone si offre nel suo complesso come una sorta di somma dell'attività di due artisti interpreti in Valtellina del linguaggio Rococò. Il Coduri qui si inserisce appieno nel vasto campo del quadraturismo lombardo, affianco ai più noti Feliciano Biella, Giovanni Maria Giovannini, Galliari. |