dati analitici | Tipologia alla romana in marmi policromi. Le specchiature della mensa e del gradino sono in marmi venati di colore rosso o verde con profilature in marmo giallo. Lo zoccolo e le cornici sono in marmo grigio. Sia la mensa, ornata da piccole volute laterali, che l'alto dossale hanno andamento rettilineo. Il tabernacolo, dal profilo curvilineo, è decorato, ai lati della portella, da motivo a ghirlande e foglie di quercia. E'sormontato da un ciborio architettonico, in marmi policromi, costituito da sei colonnine in marmo bruno con fusto liscio e capitello composito ornato da ghirlande, e tre pilastrini in marmo verde, collegati tra loro da una trabeazione continua che si interrompe sulla fronte con un timpano spezzato. Su esso poggia una corona chiusa, sorretta da due angioletti, e ornata da raggi sul retro. Il gruppo è realizzato in legno dorato.NR (recupero pregresso) |
notizie storico-critiche | L'altare, proveniente dall'antica sede dell'Istituto, sita in via Po, è opera realizzata negli anni 1788/1791 su disegno di Giuseppe Antonio Rambaudi, architetto civile e idraulico, attivo a Torino sullo scorcio del XVIII secolo. Il Rambaudi ricoprì, fra l'altro, la carica di perito in diverse Pie Istituzioni di Torino, tra cui lo stesso Ospizio di Carità (cfr. C. Brayda, L. Coli, D. Sesia, Catalogo degli Ingegneri e Architetti operosi in Piemonte nel Sei e Settecento, in "Atti e rassegna tecnica della Società degli Ingegneri e Architetti di Torino", Torino, marzo, 1963, p. 58), ed è probabilmente in questo contesto che va collocato il suo progetto per l'altare. Nell'Archivio dell'Istituto (Categoria IX,...) è presente una documentazione piuttosto dettagliata su questo altare. Sono conservati, innanzi tutto, tre diversi disegni progettuali, due dei quali firmati dal Rambaudi stesso, mentre il terzo resta anonimo, per il nuovo altare in marmo da collocarsi "nella Chiesa del Regio Spedale della Carità dalla parte degl'Uomini": nessuno di questi disegni corrisponde perfettamente all'altare poi realizzato che appare come il derivato di una soluzione di compromesso tra le versioni presentate, optando comunque in gran parte per il progetto più rigorosamente geometrico. Per altro, in un promemoria dell'attività prestata negli anni 1788-1791, l'architetto Rambaudi affermava di aver realizzato ben sei progetti, "parte con pianta curvilinea e modiglioni laterali, e con ornati, e parte liscj con pianta in linea retta", questi ultimi "secondo l'idea somministrata dall'Ill.mo Sig. C.te Beinasco R.o Architetto, a tenor delli suggerimenti del quale fu costrutto l'altare recentemente posto in opera"; sempre nel citato promemoria si afferma inoltre che i marmi necessari vennero concessi gratuitamente da S.M., previa presentazione di un disegno del progetto prescelto "All'Officio delle R. Fabbriche, e fortificazioni". Resta comunque come problema da chiarire, la presenza, in tutti i disegni conservati, di un dossale notevolmente più ampio rispetto a quello dell'altare che oggi si può osservare nella Cappella. E' infatti impossibile, allo stato attuale degli studi, stabilire se il progetto sia stato già ridotto in fase di realizzazione o se la riduzione sia stata invece attuata al momento del trasloco dell'altare dall'antica alla nuova sede dell'Istituto. Fra le carte dell'Archivio dell'Ospizio si segnala ancora la copia dell'Ordinato con cui la "Ven.a Congregazione del Regio Spedale di Carità" approvava la costruzione dell'altare, in sostituzione di un esemplare precedente, in legno, "bisognoso di rifforma" (1789); del contratto (1790), e poi dei saldi di pagamento, col "Mastro Piccapietre Giò Batta Rosazza", incaricato di sovraintendere all'esecuzione materiale dell'opera; di diversi documenti con preventivi e computi di spesa, da cui sembra risultare che, alla fine, l'altare sia costato in totale L. 1937.28. E' conservata anche la nota dei lavori fatti dallo scultore Giuseppe Pellengo per il ciborio dell'altare, comprensiva della messa in opera della corona "colli due puttini"; in tale nota lo scultore affermava anche di aver fatto "la gloria posta sotto la corona ornata avanti e dietro con quattro teste d'angeli con nuvole e dieci raggi". Nell'attuale corona che sovrasta il ciborio questa "gloria" non è più presente, restando solo i due angioletti che sostengono la corona. L'altare venne trasportato nella nuova sede dell'Istituto nel 1887, in un momento cioè in cui l'edificio era già terminato nelle sue parti essenziali, cfr. F. Rosso, L'ingegner Crescentino Caselli e l'Ospizio di Carità di Torino (1881-1887), in "Atti e rassegna tecnica della Società degli Ingegneri e Architetti di Torino", Torino, 1979, nn. 4-5. Si ricorda, inoltre, che la sede dell'antico Ospizio, con annessa cappella, venne distrutta dalle bombe durante la Seconda Guerra Mondiale. Nell'Archivio dell'Istituto (Categoria XIII,...), è registrato l'invito a vari marmorari a presentare il loro partito per "il trasporto dell'altare della facciata principale, per quello del coro, nonché delle balaustre" (1887), anche se non è chiaro, dai documenti conservati, quale ditta poi curò, in effetti, questo trasloco. Sempre a proposito del trasporto, è interessante segnalare la lettera inviata da Luigi Abate, della ditta omonima, incaricata di diversi lavori murali nell'edificio del nuovo Istituto, all'ingegnere Crescentino Caselli, autore del progetto dell'Istituto stesso; in questa lettera, l'Abatedeclinò ogni sua responsabilità relativamente alla grande volta del vestibolo d'ingresso della nuova fabbrica, stante il grande peso dell'altare collocato nella Cappella soprastante. Nella lettera di risposta, il Caselli affermava di aver già ovviato al problema del peso eccessivo dell'altare, rafforzando le masse murarie in corrispondenza dello stesso; queso dopo aver abbandonato il proposito di ridurre il peso dell'altare, [continua nel campo Osservazioni] |