notizie storico-critiche | L'oggetto venne recuperato durante gli scavi effettuati nel 1953 nella cripta, per iniziativa del parroco don Raimondo Viale, in occasione del presunto 1700° anniversario del martirio di S. Dalmazzo (cfr. "La Guida", VIII, n° 48, 5 dicembre 1953; P. Camilla, "Relazione sugli scavi effettuati nella cripta della cattedrale di Borgo S. Dalmazzo fino ad oggi, 1 marzo 1954", Archivio Soprintendenza Archeologica; L. Berra, "Abbatia in honorem quondam S. Dalmatii dicata", in "Cuneo Provincia Granda", III/1, 1954; P. Camilla-N. Lambroglia, "Gli scavi di Pedona (Borgo S. Dalmazzo) e una nuova iscrizione della 'Quadragesima Galliarum'", in "Rivista di Studi Lig.", XXI/1, 1955, ripubblicato integralmente in "Bollettino della Società St. Stor. Arch. Art. Prov. Cuneo", n° 37, 1956). Attualmente la cripta, nelle forme dell'XI secolo, si presenta a prima vista come un esempio del tipo 'a sala', ma sono avvertibili i due passaggi ai due ambienti laterali; di questi, uno è costituito da un vano a corridoio, voltato. La disposizione di una cripta a sala con due corridoi laterali è riscontrabile nella sistemazione, per fare un esempio a noi vicino e all'incirca coevo, nella cripta di S. Maria di Cavour, del 1037 (cfr. S. Casartelli Novelli, "La diocesi di Torino. Corpus della scultura altomedioevale", Spoleto, VI, 1974, n° 1), fondazione di Landolfo vescovo di Torino (E. Olivero, "L'architettura religiosa preromanica e romanica nell'Archidiocesi di Torino", Torino 1940; A. M. Coppa-G. Viero, "Cavour (Torino), Abbazia di S. Maria", in "Atti del V Congresso Nazionale di Archeologioa Cristiana" (Torino, Valle di Susa, Cuneo, Asti, Valle d'Aosta, Novara), 22-29 settembre 1979, vol. I, Roma 1982; cfr. anche allegato n° 1 della scheda cartacea SBAS TO, n° 10). Per confronti si vedano anche gli esempi di Pollenzo e di Torino (cfr. S. Casartelli Novelli, "La scultura pavese nel quadro dell'arte preromanica di Lombardia" in "Atti del 4° Congresso Intarnazionale di studi sull'Alto Medioevo", Spoleto 1969; S. Casartelli Novelli, "Confini e bottega 'provinciale' delle Marittime nel divenire della scultura longobarda dai primi del secolo VIII all'anno 774", in "Storia dell'arte", n° 32, 1978), mettendo in evidenza una delle caratteristiche dei pezzi provenienti da S. Dalmazzo di Pedona, cioè le "strette analogie stilistiche e morfologiche" con la decorazione di S. Maria d'Aurona (S. Casartelli Novelli, 1978, op. cit.). Secondo, è sottolineata la "intrinseca appartenenza al gruppo dei pezzi liguri, in particolare in base ai confronti con le lastre di Albenga e la cornice di Ventimiglia. Infine, è da notare "l'ampia penetrazione della lezione della cultura ispanica" o meglio la cultura ispano-visigota mediatrice dei modi e temi tardoromani (cfr. scheda SBAS TO, NCTN 01/00037992). Tutti i pezzi di S. Dalmazzo di Pedona vanno collegati ai gruppi di scultura altomedioevale i cui esempi più famosi sono quelli di S. Maria d'Aurona, di S. Pietro in valle a Ferentillo (A. M. Romanini, "La scultura pavese"; J. Serra, " Corpus della scultura altomedioevale", II, Spoleto 1961) e di Brescia (G. Panazza-A. Tagliaferri, "La diocesi di Brescia.Corpus della scultura altomedioevale", III, Spoleto 1966) esempi del fenomeno di rinnovamento artistico nel regno longobardo, detto rinascenza liutpranedea dal coincidere con gli anni del regno di Liutprando (712-744). Tali rapporti si rendono evidenti nel confronto dei pezzi di S. Maria d'Aurona - con le loro componenti ispano-visigote (cfr. Romanini, op. cit.) e siriache - Continua al campo 'OSSERVAZIONI'. |