dati analitici | Struttura a doppio corpo con ripiani interni. Quattro ante con serratura e chiave superiori e quattro inferiori analoghe. Cornice superiore modinata, aggettante con angoli sporgenti; entro la cornice lignea modinata di ciascuna anta è applicato pannello ornamentale rettangolare in ferrobattuto con decoro continuo a girali vegetali al termine delle quali vi sono dei fiori. Al centro di tale disegno ornamentale, nelle ante superiori, è posto stemma di fantasia di forma ovale con quattro crescenti posti su una croce ed aquile. Al di sotto di esso è posta della stoffa di seta di colore rosso, che ricade con numerose pieghe, per impedire la formazione di depositi di polvere. In corrispondenza degli spigoli, al centro della fronte e nelle fiancate, nella parte superiore, paraste con capitello composito e fusto scanellato; nella parte inferiore, mensole con fascia centrale ornata a fitti racemi. Poggia su alto zoccolo con profilo modinato. Cimasa poco aggettante modinata.NR (recupero pregresso) |
notizie storico-critiche | La libreria fa parte della serie di arredi che vennero acquistati, con delibera del luglio 1940, dalla Provincia di Torino a seguito dell'acquisizione di Palazzo Dal Pozzo della Cisterna, fino a tale data proprietà di Casa Savoia-Aosta. Nell'elenco topografico, infatti, sono indicate due voci con "1 libreria legno e ferrobattuto", rispettivamente collocate nella "Sala d'aspetto", con stima L. 4.500 e nel "Salotto privato dell'Altezza Reale". Si tratta di uno dei pochi arredi che non andarono venduti durante le numerose tornate d'asta che nella prima metà del Novecento portarono alla dispersione della mobilia originale del palazzo, benché non più collocato nell'ambientazione originale, come dimostrato da alcune fotografie d'epoca, pubblicate nel catalogo d'asta edito nel 1932 dalla Galleria Dante Giacomini, Catalogo delle collezioni private d'arte appartenute a S.A.R. Emanuele Filiberto di Savoia Duca d'Aosta, Galleria Dante Giacomini, Roma, 1932, tav. V. La libreria, infatti, fa parte della serie di arredi commissionati dal duca en suite con la decorazione in stile neorinascimentale da lui voluta che trasformò il volto del palazzo settecentesco. La preferenza accordata alla cultura figurativa del XV/XVI secolo, si inserisce nell'ambito della caratteristica inclianazione della cultura ottocentesca al recupero degli stili storici, spesso connessi, nelle varie aree regionali, al richiamo di un passato glorioso. Contrariamente alla tendenza diffusa in Piemonte, tesa al recupero del tardo gotico, come testimonia il riallestimento del castello di Issogne da parte di Vittorio Avondo, Emanuele Filiberto preferì il più consolidato ed internazionalmente diffuso gusto fiorentino. La tipologia in esame, infatti, rimanda proprio prototipi toscani, A. M. Massinelli, Il mobile toscano, Milano, 1993, p. 44, n. 59. Frequente è, inoltre, l'utilizzo del ferro battuto verniciato nero per pannelli ornamentali, V. Terraroli, Le arti decorative in Lombardia tra Ottocento e Novecento nel dibattito tra artigianato e industria. I ferri battuti e le vetrate artistiche, in V. Terraroli (a cura di), Le arti decorative in Lombardia nell'età moderna 1780-1940, Milano, 1999, pp. 9-44. Pur non essendo state reperite precise note di pagamento che documentino la commissione degli arredi, coordinati, naturalmente, anche ad esemplari reperiti sul mercato antiquario, è noto da una guida commerciale della città di Torino che due studi fossero interessati, in quegli anni, da committenze da parte di Casa Savoia-Aosta, ovvero, quello di Carlo Albertoni e quello di Giuseppe Anguissola; inoltre, da un annuncio pubblicitario dei fratelli Mora di Milano risulta che anche i famosi mobilieri lombardi fossero tra i fornitori della famiglia ducale, Augusta Taurinorum. Torino illustrata nelle sue cose e nei suoi cittadini, Torino s.d. [ma 1902], pp. 256-258; E. Colle, Museo d'Arti applicate, mobili e intagli lignei, Milano, 1996, pp. 26-28. |