notizie storico-critiche | La tela fa parte del fregio, costituito da dodici dipinti raffiguranti "fatti eroici di prencipesse della R.le casa di Savoja", documentati dall'Inventario Allemandi del 1682 nella Anticamera del "Palasso Nuovo", ambiente contiguo alla Camera della Concordia, dove il fregio era invece costituito da un'ulteriore serie di dodici tele con "fatti eroici di diverse principesse forastiere maritate nella Real Casa di Savoia" ( cfr. M. DI MACCO, in G.ROMANO, a cura di, Torino 1988, pp 42-157, in particolare p.136). Le decorazioni dei due ambienti erano state originariamente progettate nell'ambito dei nuovi allestimenti in vista delle nozze di Carlo Emanuele II con Francesca di Valois Orleans, celebrate nel 1663. La nuova sposa di Carlo Emanuele II Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours, duchessa dal 1665, non volle evidentemente però occupare gli ambienti destinati alla defunta prima moglie e fece invertire la destinazione degli ambienti occupando le sale verso il cortile, dove vennero adattati i fregi con le storie delle principesse, ma non vennero modificate le decorazioni delle volte, che inneggiano infatti a virtù prettamente maschili.Le due sale vennero smembrate in epoca carlo-albertina per far posto all'allestimento palagiano dell'attuale Sala da Ballo e i dipinti trovarono alloggio provvisorio presso il Castello di Moncalieri, per rientrare nei depositi di Palazzo Reale solo nel 1925 (C.E. BERTANA, 1989, pp 233-242).Clemente Rovere (Torino 1858, p. 162 e p.213 n 112), ricordava l'allestimento precedente al 1835 e indicava tra gli autori della serie dell'Anticamera i pittori Giovanni Bosso, Andrea Casella e Carlo Maccagno. Andreina Griseri (EAD, 1983, pp. 70-79) riconobbe in Emanuele Tesauro l'ispiratore programmatico dell'iconografia del ciclo e l'autore delle iscrizioni che accompagnano ogni scena delle due sale, riconoscibili nel testo delle Inscriptiones (E. Tesauro, Torino 1666, pp. 167-178), attribuì due tele a Francesco Nuvolone (le storie di Ludovica e di Bona di Savoia, esposte poi nel 1989 alla mostra Diana Trionfatrice - per cui cfr. M. di Macco, scheda n. 134, in M.DI MACCO- G.ROMANO, a cura di, Torino 1989, pp. 120-122- quando, in occasione del restauro, emerse sul retro la firma di Giuseppe Nuvolone, fratello minore di Francesco), le altre al cantiere del Dauphin, attivo negli stessi anni alla Venaria, e ricollegò alla serie i pagamenti segnalati dal Vesme ad Andrea Mignata, per l'esecuzione delle iscrizioni del Tesauro sulle tele (Schede Vesme, Torino 1963-1982, ad vocem).Michela di Macco (1988, p. 136, n. 37 ) segnalava i pagamenti a Giovanni Pozzo (per 2 tele), a Carlo Maccagno (per due tele) e ad Amedeo Mignata (per una tela), e (1989, scheda n. 134, p. 121) e riconosceva inoltre la presenza di Amanzio Prelasca (per la tela con la storia di Beatrice) e dell'allievo di Dauphin Giovanni Luigi Buffo (per le storie di Adele e Margherita), già attivo nel cantiere del Palazzo nel 1661. Il recente completamento del restauro dell'intero ciclo (effettuato dal Laboratorio Nicola di Aramengo tra il 1996 e il 2002 e diretto da Paola Astrua), durante il quale sono emerse le firme dei pttori milanesi Agostino Santagostino e di Melchiorre Gherardini ha consentito ulteriori considerazioni sulla provenienza lombarda della serie (si vedano le schede di Paola Astrua in C. SPANTIGATI, a cura di, Torino 1996, p. 62, dove si mantiene l'attribuzione ad Amanzio Prelasca per le Storie di Beatrice di Savoia). Michela di Macco oltre ad individuare una committenza in direzione milanese per tutto il fregio, ipotizza che vennero però messe in opera solo sette tele di provenienza lombarda, mentre per le restanti ci si rivolse, come attestano i pagamenti già segnalati, a Giovanni Pozzo, Carlo Maccagno e Amedeo Mignata. A Melchiorre Gherardini, la cui sigla compare sul dipinto con le storie di Maria di Savoia la di Macco attribuisce inoltre la tela con Anna Imperatrice dei Greci, mentre ad Agostino Santagostino, la cui firma compare sulle gesta di Ludovica nipote e sposa di Filiberto, la tela con Ludovica madre del re Francesco, e ancora, per considerazioni stilistiche, a Federico Bianchi la tela con Margherita figlia di Vittorio Amedeo VI (M. DI MACCO, in G. RECUPERATI,a cura di,Torino 2002, vol.IV, pp. 381-382).Se la "Prima anticamera verso il cortile" per cui Vesme (Torino 1963-1982, ad vocem) registra i pagamenti nel 1663 per 12 tele del fregio saldati ai pittori Luigi Buffo e Giovanni Carlone (per 6 dipinti), a Carlo Alessandro Maccagno (per 3 dipinti), ad Amedeo Mignatta (per una tela), a Domenico Tignola (per due tele), si può identificare con la sala delle Principesse sabaude, ipotizzando che nello del 1665, attestato dall'inventario Allemandi del 1682, si fosse mantenuta la successione delle tematiche iconografiche delle due sale, è possibile affermare ... (continua nel campo Osservazioni) |