contenitore | reggia, museo, Palazzo Reale, Piazzetta Reale, Museo di Palazzo Reale, piano I, 28, Stanza della Macchina, parete est |
notizie storico-critiche | Francesco De Mura esordì nel Palazzo Reale di Torino nel 1741 con il soffitto della Sala della Macchina, dove raffigurò "Il sacrificio di Teseo a Nettuno prima di avviarsi alla conquista del vello d'oro", la "Caccia ai ladri" che infestano la campagna, "Il figlio di Teseo intento a svellare il sasso". Per la stessa stanza l'artista napoletano eseguì cinque sovrapporte commissionategli nel 1743 da Carlo Emanuele III di Savoia, al momento quindi della sua partenza da Torino (gennaio 1743), come ricorda il suo biografo B. De Dominici. Da un documento del 1748 risulta che nella primavera di quell'anno le tele si trovavano ancora a Napoli, presso lo studio del pittore (A. Baudi di Vesme, Schede Vesme. L'arte in Piemonte dal XVI al XVIII secolo, Torino 1982, p. 411). Questo ha consentito agli studiosi di circoscrivere l'esecuzione dei dipinti tra il 1743 e l'aprile del 1748. Nel 1962 A. Griseri riconosceva i dipinti in questione nelle sovrapporte descritte dal De Dominici (Vite de' pittori, scultori ed architetti napoletani, Napoli 1742-45) come raffiguranti l' "Educazione", l' "Amor materno", la "Forza", la "Nobiltà", la "Magnificenza". Di queste cinque tele solo tre sono ancora conservate a Palazzo Reale, nelle quali "...i modi sono ancora quelli del De Mura giovane, che si atteggia a pittore di corte, con fermenti alla Giaquinto, nel colore incipriato a velature di pastello..." (A. Griseri, 1962, p. 36). Clemente Rovere nel 1858 identificava i soggetti delle tre sovrapporte con la "Forza", l' "Abbondanza" e la "Religione". N. Spinosa (Pittura Napoletana del Settecento, Napoli 1986-87, v. I, p. 160 e tav. 59) considerando la Sapienza come allegoria dell'Educazione, riteneva mancanti le sovrapporte con le "Allegorie della Nobiltà e dell'Amor Materno" e proponeva d'identificare quest'ultima allegoria con la tela conservata a Chicago (The Art Institute, inv. 1971.429), raffigurante una "Allegoria della Carità". Recentemente (1993) Gino D'Alessio ha riconosciuto nel soggetto raffigurato in questo dipinto un'allegoria della Magnanimità, perfettamente corrispondente a quella descritta da C. Ripa (Iconologia, Roma 1603, p. 300 ): "Donna bella, con fronte quadrata, & naso rotondo, vestita di oro con la corona imperiale in capo, sedendo sopra un leone, nella man destra terrà uno scettro, & nella sinistra una cornucopia, dal quale versi monete d'oro...". La tela mancante doveva quindi raffigurare l'"Allegoria dell'Educazione" anziché quella della Nobiltà. Lo stesso Spinosa nel 1975 aveva reso noto per la prima volta un quadro, ora al Louvre, raffigurante un "Allegoria delle Arti", il quale "...per le dimensioni...per la gamma cromatica adottata...e l'impostazione del personaggio, per le somiglianze dei panneggi gonfi e dalle ampie pieghe, presenti anche nelle altre opere del ciclo torinese..." ha consentito a D'Alessio di riconoscervi la quinta sovrapporta della serie commissionata da Carlo Emanuele III (D'Alessio, 1993, p. 75). |