notizie storico-critiche | Erroneamente indicato come di scuola ferrarese nei cataloghi ottocenteschi, il dipinto è stato attribuito dal Faldi al pittore fiorentino Domenico Cresti e messo in stretto rapporto dallo studioso con quello di analogo soggetto, conservato nella Galleria Borghese di Roma e datato 1595 ca. da R. Longhi. L'affinità dell'idea compositiva di queste due opere suggerisce una datazione piuttosto vicina, nonostante alcune varianti nelle figure dei due protagonisti. Questa "Annunciazione" risulta di non scarso rilievo nella produzione del Passignano ed è un tipico esempio della pittira toscana del tardo '500, filtrata attraverso l'arte di Santi di Tito e di Federico Zuccari. Quest'ultimo poi, chiamò in aiuto il giovanissimo Passignano per terminare gli affreschi della cupola del Duomo di Firenze, lasciati incompiuti dal Vasari, nel 1575. L'attribuzione di questo dipinto al Passignano è respinta da J. Lee Nissman (Domenico Cresti il Passignano, 1559 - 1638: a Tuscany painter in Florence and Rome, New York 1979) e accettata da L. Laureati (Brevi aggiunte al catalogo di Domenico Cresti detto il Passignano, Scritti in onore di Giuliano Briganti, Milano 1990). La studiosa considera autografo il dipinto della Cassa Depositi e Prestiti (tav. 7a) per evidenti analogie stilistiche, non tanto con l'"Annunciazione" della Galleria Borghese (tav. 7b) citata dal Faldi e di datazione anteriore, quanto invece con quella della Cappella Toschi nel Duomo di Reggio Emilia (tav. 8) eseguita tra il 1604 ed il 1606, certamente migliore, ma della stessa mano e, dunque, databile circa agli stessi anni. Una terza "Annunciazione", pala d'altare della Cappella omonima in S. Maria della Vallicella, fu dipinta dal Passignano alcuni anni prima, tra il 1590 e il 1591 (Barbieri C . Barchiesi S. - Ferrara D., S. Maria in Vallicella. Chiesa Nuova, Roma 1995). |