notizie storico-critiche | Menzionato per la prima volta, a nostra conoscenza, nell'inventario del 1704 (n. 1779), e quindi da non confondersi col "Ritratto di Simone Ovet fatto di sua mano" in possesso del Lama ricordato in una lettera del 5 maggio 1708 di Sebastiano Ricci al Gran Principe Ferdinando (cfr. G. Fogolari, Lettere pittoriche del Gran Principe Ferdinando di Toscana a Niccolò Cassana l698-1709 in "Rivista del R.Istituto di Archeologia e Storia dell'Arte" VI, 1937, p. 161, nota 43; segnalazione di M.Chiarini). Di quest'opera si conoscono due versioni: una al museo di Amiens, creduta talvolta di Mattia Preti (Boinet, 1920, p. 20) sulla base di una scritta antica nell'angolo superiore sinistro, e la tela di Firenze, che ha attirato l'attenzione degli specialisti solo per essere attribuita a Jacob-Ferdinand Voet (Demonts). E' vero che questo autoritratto degli Uffizi era ingiudicabile prima del restauro appena compiuto, che ha permesso di scoprire sotto le ridipinture antiche (anteriori al 1750, secondo un confronto con le incisioni più antiche), un'opera di composizione molto simile a quella di Amiens: stesso grande colletto bianco piatto, stessa ciocca di capelli che ricade sulla spalla. L'esecuzione è di alta qualità e non consente di dubitare dell'autenticità della tela: che è paragonabile inoltre - sia per i toni bruni caldi che per la pennellata violenta, e nonostante le evidenti lacune e lo stato di consunzione - ai celebri ritratti del periodo romano (1614-1627) dell'artista (Roma, Galleria Pallavicini; Brunswick; etc.). Resterebbe da accertare che siamo veramente dinanzi al viso di Vouet: ma l'iconografia del pittore è abbastanza ricca - e proprio per gli anni romani - da togliere ogni dubbio. Si possono menzionare il disegno di Ottavio Leoni a Karlsruhe e un'altra versione dello stesso alla Biblioteca Laurenziana di Firenze (Kruft, 1969) datato 1625, quindi molto vicino a questo autoritratto. Qui l'immagine che Vouet ha voluto dare di sé, al contrario di quanto egli farà qualche anno dopo nell'opera più idealizzata e malinconica oggi a Lione, è più lieta, anche più diretta; assai più vicina, come spirito, a quella, tanto celebre, di Arles, anche ammettendo che si tratti pure di un autoritratto, quindi anteriore di una decina di anni al quadro degli Uffizi. Possiamo segnalare un altro ritratto di Vouet, ma più tardo, a carboncino, nello stile di Nanteuil (D. Tempesti ?) conservato nei depositi degli Uffizi (Inv. 1890, n. 4298, cfr. Rosenberg, 1968, p. 18) e assai vicino a quello dell'Accademia di San Luca a Roma. |