notizie storico-critiche | In adempimento alla delibera amministrativa del 18 maggio 1848 i Rettori dell'Ospedale Maggiore novarese rendono omaggio alla donazione effettuata dalla Solaro all'Ente, con testamento datato 31 maggio 1808. Antonia Solaro Clerici legò infatti al marito l'usufrutto del suo patrimonio e questi lasciò tutto a disposizione dei suoi esecutori testamentari Costanzo Porta e Luigi Duelli, i quali con atto notarile del 7 febbraio 1823, consegnarono l'eredità all'amministrazione dell'Ospedale (cfr. G. B. Morandi, "L'Ospedale Maggiore della Carità di Novara. Memorie storiche", Novara 1907). L'esecuzione del busto marmoreo è affidata allo scultore Giuseppe Argenti, che la realizza nel 1861. Notizie del busto sono contenute nell'articolo pubblicato sul giornale novarese "La Vedetta", il giorno 17 gennaio dello steso anno. La data non è casuale: infatti nel giorno di S. Antonio (17 gennaio, e in quello di S. Michele, 29 settembre), si esponevano al popolo, per antica consuetudine, "le immagini dei benefattori che largirono delle loro sostanze al pio luogo" (cfr. scheda OA, SBAS TO, NCTN 01/00038117). In quest'occasione, preso l'edificio ospedaliero, "la folla vi accorre per devozione a pregare per essi e molto per curiosità" (cfr. "La Vedetta", anno III, Novara 1861). Proprio nel 1861 la "curiosità" è appagata dalla presenza di quattro busti nuovi: quello del vescovo Melano e della contessa Solaro Clerici opera dell'Argenti, e quelli dei cavalieri Porta e Ponzani opera del Dini" (cfr. "La Vedetta"). Oltre alle osservazioni di critica generale rivolta alla scelta effettuata dall'Amministrazione ospedaliera di sostituire gli antichi dipinti su tela con i busti marmorei, già riportate nella scheda OA, SBAS TO, NCTN 01/00038117, l'articolo contiene anche alcune annotazioni stilistiche: "Gli artisti avevano a lottare con il dovere del ritrattist e l'arte. Le fisionimie sono talora insignificanti, il vestire restio e allora...notabile una certa finzza nel volto del Porta e la cura minuta degli abiti. Il Ponzani, come portava la fisionomia è più maestoso, infantile è il volto della contessa Clerici. Queste impressioni anzichè giudizi esprimiamo così rapidamente come le abbiamo sentite in un'occhiata augurando alla città nostra sempre più alto quel culto dell'arte che è sommo indizio di civiltà" (cfr. "La Vedetta"). La breve osservazione propone uno dei problemi di fondo legati alle immagini plastiche realizzate per le effigi gratulatorie poste a decorazione degli edifici pubblici: la convivenza, in uno stesso soggetto, della necessità di conferire ai personaggi decoro ed austerità (tendenza derivata anche dall'applicazione rigida dei modelli accademici) con l'interesse di documentare in modo più individualistico i personaggi raffigurati, che la pittura aveva meglio risolto proponendo i "ritratti ambientali" (cfr. G. A. Dell'Acqua, "La Quadreria dei Benefattori", in "La Ca Granda", Milano 1981). Questa particolare condizione della scultura è evidenziata proprio da complessi plastici simili a quello dell'Ospedale Maggiore di Novara, eseguiti dopo la realizzazione dei modelli celebrativi canoviani per il Pantheon romano proponente la raffigurazione di "italiani illustri" e dopo la pubblicazione della raccolta "Vite e Ritratti di Illustri Italiani" edita in due volumi dal Bettoni (il primo a Padova nel 1812, il secondo a Milano nel 1820). Tali complessi monumentali ripropongono infatti, in date molto tarde, lo stesso concetto di educazione e stimolo all'emulazione delle qualità positive che i soggetti raffigurati contegono. Si rimanda alla scheda cartacea n° 40 dello stesso Ospedale di Carità novarese per indicazioni più dettagliate relative a tale tematica, svolte sui suggerimenti proposti dalla di Macco (cfr. M. di Macco, scheda n° 2.1.5 in "Garibaldi: arte e storia", Firenze 1982), si sottolinea, in questa sede, come i modelli culturali aulici, di glorificazione di eroismi o ingegni nazionali, in ambito locale trovino una traduzione più modesta: i cittadini vengono infatti proposti come modelli di comportamento civile, oppure come nel caso dell'Ospedale, come modelli di carità umana e di beneficenza. Tali indicazioni di fondo erano ben presenti in Giuseppe Argenti, autore del busto in esame, scultore molto attivo nel novarese e nel vercellese fino al 1876, anno della sua morte, e la cui figura artistica è stata recentemente analizzata nelle sue componenti fondamentali dalla Dell'Omo Rossini, confermando quanto si era già indicato nelle schede precedenti (cfr. M. Dell'Omo Rossini, "Uno scultore dell'Ottocento per il novarese. Giuseppe Argenti", in "Novarien", Novara 1984, n. 14). L'argenti è il personaggio più autorevole della Novara artistica intorno alla metà del XIX secolo: collaboratore di Pompeo Marchesi, i suoi lavori più importanti si mantengono nell'ambito di un gusto neoclassico con accenti accademici che si evidenziano con maggior chiarezza nelle opere di ultimo periodo. Continua al campo "OSSERVAZIONI". |