notizie storico-critiche | Il busto ricordo è eretto al canonico Carlo Giuseppe Caccia dall'Amministrazione Ospedaliera in adempimento alla dlibera del 18 maggio 1848, inquanto egli lasciava in eredità al Pio Luogo, con documento datato 7 luglio 1755, metà del suo patrimonio. Di questo, però, metà doveva essere utilizzato per ammalati di mali incurabili e l'altra metà era da distribuirsi fra le nobili e antiche famiglie di Novara di scarse fortune (cfr. G. B. Morandi, "L'Ospedale Maggiore della Carità di Novara. Memorie storiche", Novara 1907). Il progetto di realizzare in marmo, anzichè in tela, le effigi gratulatorie, avviato nel 1852 con l'intervento di Giuseppe Argenti, aveva per l'Amministrazione un duplice obiettivo, ben espresso dall'articolo apparso nel 1865 sul giornale di informazione locale "La verità": "L'Amministrazione volle perpetuare di meglio la memoria dei benefattori che non sia con caduca tela. E ben ideò, convertendo gli svelti portici inferiori e superiori del suo bellissimo cortile in un vero Pantheon di Benefattori; ed allogò il superiore per i donatori delle centomilalire e oltre, i quali sono effigiati al vero in bel busto di marmo carrarese; l'inferiore per quelli che donano meno, e ad essi assegnarono un medaglione, pure al vero, nell'intercolumnio. E con divisamento che altamente l'onora volle l'illustre Amministrazione affidarne l'esecuzione ai più distinti artisti compaesani, i quali colle belle produzioni loro, perpetuano ad un tempo le immagini dei benefattori dello Spedale e l'illustre fondatore del nobile Collegio Caccia, per le cui largizioni hanno potuto studiare l'arte dei Fidia e dei Canova e rendere rinomato il loro nome con onore della Patria" (cfr. "La Verità", Novara 1865, anno II). Questo progetto di realizzare in marmo le effigi, almeno all'inizio, non aveva però trovato tutti concordi, in quanto si distaccava dalla consuetudine più diffusa dell'esecuzione dei ritratti-ricordo su tela, applicata sia nei piccoli centri della provincia (cfr. la Quadreria dell'Ospedale Civile di Oleggio o la Quadreria dell'Ospedale di S. Biagio di Domodossola), sia nel capoluogo lombardo, dove i busti marmorei presenti nella Quadreria della "Ca Granda", tutti datati intorno alla metà del XIX secolo, sono realizzazioni piuttosto isolate che si affiancano ai ritratti eseguiti su tela. Tali ritratti si protraggono fino ad avanzato secolo XX. I motivi del dissenso agli intendimenti amministrativi sono diversificati, come emerge dalle fonti bibliografiche proposte a documentazione. Scrive Raffaele Tarella alla fine del secolo XIX: "I benefattori, non è molto, venivano ricordati con ritratti in tela di mezza o tutt'intera figura, secondo l'entità del lascito. Ora però si è creduto di sostituire ai ritratti in tela, busti o medaglioni in marmo. I primi con relativa iscrizione, nè belle, nè veritiere, almeno il più delle volte. Deploriamo che il dipinto venga sostituito dal marmo, freddo e insignificante" (Archivio Storico di Novara). Mentre precedentemente, sulla "Vedetta" del 1861 era indicato: "Da qualche tempo, l'Amministrazione va togliendo l'uso dei dipinti, sostituendo medaglie o busti, genere di commemorazione più durevole e monumentale. I quadri vecchi erano brutti poi, a dir vero, ma il riflesso dei costumi negli abiti, il costume come dicono gli artisti, aveva pure una certa attrattiva che nella scultura male si mantiene. Questo dicansi dei ritratti antichi, ch'è l'abito nostro è brutto in pittura e quasi impossibile in scultura, epperciò per i benefattori moderni non ci si perde" (cfr. "La Vedetta", anno III, 1861). Le motivazioni sono perciò l'una riferita soprattutto alla mancanza di correttezza nei dati storici, l'altra riferibile invece al gusto estetico che non trova appagamento nella sobrietà del marmo. Pieno consenso e plauso pubblico trova invece l'iniziativa di affidare le realizzazioni agli allievi di un'altra istituzione benefica cittadina: il Collegio Caccia, tanto che viene avanzata la proposta di realizzare un famedio dei benefattori anche presso l'Ospedale S. Giuliano "affidando la commessa al Rossi Giuseppe, professore del Civico Istituto Bellini" (Cfr. "La Verità", Novara, anno II, 1865). In realtà la realizzazione del Pantheon marmoreo toglieva la posibilità agli autori di rappresentare - e di documentare - secondo una tipologia molto diffusa nel secolo XIX, i personaggi in un ambiente allusivo alla loro professione e al loro rango, omogeneizzando le realizzazioni ed evitando riferimenti al modo di vivere dei personaggi. Come per i busti e le medaglie dello stesso Ospedale di Carità relative alle schede cartacee OA n° 11-12, 15, 18, 29-30, 36, 44-45, anche se la rosa degli autori può restringersi ai nominativi citati dall'articolo del 1865 (Cassano, Bisetti, Albertoni, Dini, Tasso, Donati), per quest'opera è difficile suggerire un'attribuzione attendibile ad uno di essi, poichè i caratteri dell'immagine sono genericamente - Continua al campo "OSSERVAZIONI". |