notizie storico-critiche | Il busto in cera della Principessa Vittoria di Savoia Soissons, già datato da V. Assandria alla seconda metà del XVIII secolo e riferito genericamente ad ambito italiano, è stato recentemente esposto alla mostra dedicata al "Neoclassicismo in Italia da Tiepolo a Canova", tenutasi al Palazzo Reale di Milano tra il marzo e il luglio del 2002, nel settore dedicato al Regno di Sardegna, curato da Enrico Colle. Vittoria Maria Anna di Savoia-Soissons, figlia di Urania del la Cropte de Beauvais e di Luigi Tommaso di Savoia Carignano, secondo conte di Soissons e fratello del Principe Eugenio, fu a Vienna nel 1736 unica erede del cospicuo patrimonio dello zio, noto condottiero al servizio dell'Imperatore Leopoldo I e raffinato collezionista d'arte. Nel 1738 Vittoria si unì in matrimonio con il principe Federico di Sassonia Hildelburghausen, dal quale si separò nel 1744, fissando qualche anno dopo la propria dimora a Torino. Per testamento nominò proprio erede universale il principe Benedetto Maria Maurizio di Savoia conte di Chiablese (1741-1808), figlio di Carlo Emanuele III. "Sa figure étoit laide, trés-petite, d'un grand embonpoint, de petits yeux noirs, un grand nex long, une petite bouche et un petit front, se mettant en vieille Francoise bourgeoise, avec des bonnetsà quatre barbes, un petit panier rond et des abits trés unis faits à l'antique": brutta, piccola, pingue, con gli occhi e la bocca sottili e un grande naso, vestita decisamente fuori moda e con cuffie che certamente non contribuivano a renderla più gradevole, così descrive impietosamente l'aspetto fisico della principessa una damigella d'onore, la contessa Angelica Lodron, forse resa insofferente da anni di convivenza (A. Baudi di Vesme, 1887, p. 175). L'utilizzo delle cere policrome permette un'aderenza fisionomica straordinaria, priva di idealizzanti semplificazioni, difficilmente accettabile in Piemonte, secondo Vittorio Natale, senza la conoscenza di opere dei Collino come i ritratti Provana del Sabbione, datati tra il 1785 e il 1786. L'attribuzione a Francesco Orso del busto di Vittoria di Savoia-Soissons, già proposta da Andrea Daninos e resa evidente dal confronto con i ritratti firmati della coppia reale Vittorio Amedeo III e Maria Antonia Ferdinanda di Borbone, appartenenti alla collezione Franco Maria Ricci e databili tra il 1780 e il 1785, non è ancora stata registrata dalla più recente letteratura sul castello di Agliè. Non ancora del tutto chiare sono inoltre le circostanze che motivarono l'esecuzione dell'opera. L'aspetto di quest'ultima non sembra infatti compatibile con una esecuzione intorno alla data di morte della principessa, avvenuta nel 1763, come conferma un'iscrizione probabilmente stilata già nel secolo scorso. Il crudo realismo del busto, privo di ogni intento idealizzante, merita una collocazione posteriore di almeno un decennio, e verso tale data conduce anche il carattere degli intagli che ornano la base lignea. Gli scarsi documenti oggi disponibili su questo recentemente riscoperto artista di probabili origini biellesi attestano rapporti con la corte torinese già a partire dal 1779, quando venne eseguito il busto del canonico lionese Gaspard de Pingon de Prangin, primo elemosiniere e consigliere del re (Lione, Museo). L'ultima committenza reale risale probabilmente al 1786, quando Orso inviò a Sua Maestà da Parigi i ritratti in cera dei nipoti, il duca di Angouleme e il duca di Berry, figli del conte d'Artois e di Maria Teresa di Savoia (A. Baudi di Vesme, Torino 1963-1968, vol. III, p. 752). In anni anteriori si colloca invece un busto di Cristo coronato di spine, anch'esso firmato, della Chiesa di San Pietro a Candelo (Biella, cfr. A. Daninos, Un precursore di Madame Tussaud, in "Rivista Biellese", Biella 1999, n. 4, pp.41-42 e fig. p. 39, che corregge D. Lebole 1990, pp. 76-77 e 84), che conferma la giovanile formazione parallela a Giovanni Battista Bernero, attestato nel 1764 dal gruppo in cartapesta con la Flagellazione per la Confraternita Bianca di Villafalletto (Cuneo); opere che dimostrano come per entrambi possa essere stato importante l'esempio della plastica dei Sacri Monti. Francesco Orso, nel 1780 socio e nel 1783 priore della torinese Accademia di San Luca, avrebbe riproposto l'impatto di quelle realistiche rappresentazioni teatrali nella messa in scena dei Salon delle cere a Parigi, dove risulta già risiedere nel 1786 e dove avrebbe modellato fatti e ritratti della Francia rivoluzionaria (cfr. V. Natale, Francesco Orso, in Il Neoclassicismo in Italia da Tiepolo a Canova, catalogo della mostra a cura di F. Mazzocca, E. Colle, A. Morandotti e S. Susinno, Milano 2002, pp. 498-499, schede nn. XII.7, XII.8, XII.9) (continua in Osservazioni). |