notizie storico-critiche | La libreria fa parte della serie di arredi che vennero acquistati, con delibera del luglio 1940, dalla Provincia di Torino a seguito dell'acquisizione di Palazzo Dal Pozzo della Cisterna, fino a tale data proprietà di Casa Savoia-Aosta. Nell'elenco topografico è indicata una "grande credenza libreria" che potrebbe riconoscersi nell'esemplare in esame, stimata per L. 10000, una delle cifre più alte indicate per un singolo arredo, e collocata nella "Camera da pranzo". Si tratta di uno dei pochi arredi che non andarono venduti durante le numerose tornate d'asta che, nella prima metà del Novecento, portarono alla dispersione della mobilia originale del palazzo, benché non più collocato nell'ambientazione originale, come dimostrato da alcune fotografie d'epoca, pubblicate nel catalogo d'asta edito nel 1932 dalla Galleria Dante Giacomini, ove si individuano mobili simili a quello in esame sia per tipologia che per decorazione, Catalogo delle collezioni private d'arte appartenute a S.A.R. Emanuele Filiberto di Savoia Duca d'Aosta, Galleria Dante Giacomini, Roma, 1932, tav. IV. La libreria, infatti, fa parte della serie di arredi commissionati dal duca en suite con la decorazione in stile neorinascimentale da lui voluta che trasformò il volto del palazzo settecentesco. La preferenza accordata alla cultura figurativa del XV/XVI secolo, si inserisce nell'ambito della caratteristica inclianazione della cultura ottocentesca al recupero degli stili storici, spesso connessi, nelle varie aree regionali, al richiamo di un passato glorioso. Contrariamente alla tendenza diffusa in Piemonte, tesa al recupero del tardo gotico, come testimonia il riallestimento del castello di Issogne da parte di Vittorio Avondo, Emanuele Filiberto preferì il più consolidato ed internazionalmente diffuso gusto fiorentino. Frequente è, inoltre, l'utilizzo del ferro battuto verniciato nero per pannelli ornamentali, V. Terraroli, Le arti decorative in Lombardia tra Ottocento e Novecento nel dibattito tra artigianato e industria. I ferri battuti e le vetrate artistiche, in V. Terraroli (a cura di), Le arti decorative in Lombardia nell'età moderna 1780-1940, Milano, 1999, pp. 9-44. La tipologia del mobile in esame, infatti, rimanda, nella poderosa struttra architettonica e nell'utilizzo del ferro battuto, proprio ad esemplari documentati in Toscana nella seconda metà del Cinquecento, si veda a titolo di esempio, la decorazione del coro ligneo della cattedrale di Siena, realizzato nell'ottavo decennio del secolo che costituisce un vero compendio dell'ornato toscano del tempo, A. M. Massinelli, Il mobile toscano, Milano, 1993, p. 44, n. 59. Pur non essendo state reperite precise note di pagamento che documentino la commissione degli arredi, coordinati, naturalmente, anche ad esemplari reperiti sul mercato antiquario, è noto da una guida commerciale della città di Torino che due studi fossero interessati, in quegli anni, da committenze da parte di Casa Savoia-Aosta, ovvero, quello di Carlo Albertoni e quello di Giuseppe Anguissola; inoltre, da un annuncio pubblicitario dei fratelli Mora di Milano risulta che anche i famosi mobilieri lombardi fossero tra i fornitori della famiglia ducale, Augusta Taurinorum. Torino illustrata nelle sue cose e nei suoi cittadini, Torino s.d. [ma 1902], pp. 256-258; E. Colle, Museo d'Arti applicate, mobili e intagli lignei, Milano, 1996, pp. 26-28. I mobili artistici con monumentali strutture architettoniche ed una sovrabbondante ornamentazione furono il vanto degli artigiani italiani, in particolare toscani e lombardi, alle Esposizioni Universali della seconda metà del XIX secolo, si vedano, per un confronto le realizzazioni di Egisto Gaiani nel museo Stibbert di Firenze, o certi esemplari proposti all'Esposizione Italiana di Milano del 1881, C. Paolini, A. Ponte, O. Selvafolta (a cura di), Il bello "ritrovato". Gusto, ambienti, mobili dell'Ottocento, Novara, 1990, pp. 457-467. |