notizie storico-critiche | Come precisato da Gelsomina Spione nella precedente scheda di precatalogo nel 1891 Gianazzo di Pamparato (Il Principe Cardinale Maurizio di Savoia mecenate dei letterati e degli artisti, Torino 1891, p. 22) identificava l'autore della decorazione della volta della camera da letto dell'Appartamento di S. M. la Regina con Corrado Giacquinto da Molfetta, riconoscendo "[...] l'Aurora nel mezzo [...] e d'attorno le quatro Stagioni. Negli angoli si vedono stucchi dorati esprimenti quattro virtù". L'attribuzione era condivisa nel 1942 da Eugenio Olivero che affermava: "La volta a botte con teste di padiglione è magnificamente affrescata da Corrado Giaquinto, a colori vivaci bene conservati; nel mezzo grande affresco figurante l'Aurora tratta in cocchio da bianchi destrieri (Tav. XLVII); nelle quattro parti curve della volta le Quattro Stagioni (Tav. XLVIII-IL); [...] i dipinti della volta sono inquadrati da bellissimi bianchi stucchi del Settecento. Negli angoli, grandi cornici ovali di stucco a fogliami, conchiglie e putti circondano medaglioni ovali dorati portanti in altorilievo le quattro Virtù Cardinali coi loro simboli; la Prudenza con lo specchio (Tav. LI), la Giustizia con la spada, la Fortezza con la colonna (Tav. L), la Temperanza che versa acqua nell'urna [...]" (E. Olivero, La Villa della Regina in Torino, Torino 1942, p. 26). Anche Vittorio Viale pubblicava l'"Aurora" con il nome di Giaquinto in quello stesso anno, notando che "[...] nei forti sbattimenti di luce, nelle ombre dense e alquanto sfumate, nella evidente ricerca di vivi effetti cromatici attraverso a soffuse e quasi iridescenti tonalità di rosa pallidi o di tenuissimi grigi e luministici tocchi di bianco, si avvertono [...] tutti quegli elementi, che costituiscono le singolari caratteristiche della pittura del Giaquinto [...]" (V. Viale, 1942, p. ). Nel 1958 M. D'Orsi, nella monografia dedicata a Corrado Giaquinto, definendo correttamente il dipinto come lavoro su tela, lo diceva opera certa di Claudio Francesco Beaumont (M. D'Orsi, Corrado Giaquinto, Roma 1958, p. 52 nota n. 7). Nel 1963 Marziano Bernardi riferiva la decorazione del soffitto a Daniele Seiter, su indicazione di Andreina Griseri: "Poco del Giaquinto e ben più del Seyter [...] si scorge in queste Quattro Stagioni che soprattutto nel modellato dei putti, nel forte contrasto chiaroscurale (che non è giaquintiano), nel colore denso, corposo [...] subito ci richiamano agli affreschi, stilisticamente così simili, della Sala di parata di Madama Felicita al pianterreno del Palazzo Reale di Torino, che fu probabilmente la prima opera torinese di Daniele Seyter giunto da Roma nel giugno 1688" (M. Bernardi, Tre Palazzi a Torino, Torino 1963, pp. 154-155, tavv. XXVI-XXVIII; A. Griseri, in Mostra del Barocco Piemontese, catalogo della mostra a cura di V. Viale, Torino 1963, v. II p. 82), ricollegandoli agli stucchi che incorniciano queste pitture e agli ovali a bassorilievo raffiguranti le Quattro Virtù, da lui riferiti alla "stessa mano che creò le mirabili scolpiture in legno della Sala delle Stagioni a Palazzo Carignano, databili fra gli ultimissimi anni del Seicento ed i primissimi del Settecento [...]". Nella tela al centro della volta Bernardi riconosceva due diversi interventi: uno, nella parte sinistra, da riferire allo stesso Seiter mentre "non soltanto tutto il resto reca la tipica impronta del Beaumont, ma il cavallo bianco che s'impenna nell'aria è addirittura identico a quello dell'Aurora beaumontiana del Palazzo Reale torinese". L'autore ipotizzava quindi che la figurazione centrale, nata con le Quattro Stagioni, fosse anch'essa opera del Seiter, rielaborata però in un secondo momento (dopo il 1720) da Beaumont, forse per rimediare a qualche guasto. Due anni più tardi M. Di Mase Franchi (Centenario..., 1965, p. 18) si limitava a riconoscere che: "nella camera della Regina si rimane colpiti dalla bellezza del soffitto ove ai lati quattro affreschi rappresentano "Le stagioni" e negli angoli quattro medaglioni dorati, contornati da stucchi, rappresentano "Le virtù" e i loro emblemi. Al centro una tela rappresenta l'Aurora. Molto si è discusso sull'artefice di tanta bellezza. Per molto tempo, la pittura si attribuì al Giaquinto, ora si parla con più insistenza del Seyter o del Beaumont. Probabilmente vi hanno lavorato entrambi" (prosegue in Osservazioni). |