dati analitici | iniziale fogliata grande con storia e caudata L (Letentur omnes in domino), rubr., In conversione sancti Pauli. Officium. Corpo della lettera rosa decorato da sottili cirri bianchi, da una cornice a torciglione e da una fila di perle; l'asta verticale è ornata da grandi anelli colorati. Il fregio fogliaceo è decorato da fiori simili a campanule e un fiordaliso su cui poggia una farfalla, mentre in basso è un grande uccello fantastico con la coda dorata. Sul fondo, san Paolo folgorato dalla visione di Dio lungo la via per Damasco. Il santo, ancora con la corazza da cavaliere, decorata con un bordo di scrittura cufica, giace a terra con gli occhi accecati dalla luce divina: in alto a sinistra è infatti la piccola figura del Padre Eterno con il globo in mano, nascosto alla vista degli uomini da un'aura di luce dorata. Paolo è accompagnato da un soldato in secondo piano che, stupito, volge lo sguardo al cielo agitando la lancia e sembra fuggire spaventato insieme ad altre due figure delle quali si vedono solo i lembi dei manti ondeggianti. Sullo sfondo, il paesaggio è descritto in modo naturalistico, con contrapposizione tra il nudo terreno roccioso sul quale si svolge la scena e la fitta ed oscura selva sullo sfondo a destra.Personaggi: San Paolo; Dio Padre. Abbigliamento: armature; mantelli; tunica. Architetture: mura di cinta. Armi: spada; lancia. Figure maschili: soldati. Piante. Oggetti: globo. Montagne. Paesaggi. Animali fantastici: (nel fregio) due uccelli. Animali: (nel fregio) due farfalle. Fiori: (nel fregio) fiordaliso. |
notizie storico-critiche | Il codice è identificabile con il Graduale contenente i testi dalla festa di sant'Andrea alla festa dell'Annunciazione, le cui iniziali sono state affidate a Zanobi Strozzi per le figure e Filippo di Matteo Torelli per la parte ornamentale, come ricordato nel passo della Cronaca del convento che documenta i codici (Firenze, Biblioteca medicea Laurenziana, Libro di Ricordanze, Fondo di San Marco, n. 902, Ricordanze A) pubblicato per la prima volta da Mirella Levi D'Ancona (1962, pp. 265-266). Dallo stesso documento si apprende che il testo è stato parzialmente scritto da Frate Giovanni da Santa Croce nel 1451, con iniziali filigranate realizzate da un calligrafo fiorentino, probabilmente della bottega di Filippo di Matteo Torelli, e rilegato da Vespasiano da Bisticci nel 1449, come testimoniato sia nella Cronaca del convento che nel Libro delle Ricordanze dello stesso Vespasiano. Nell'inventario del Museo di San Marco redatto dal Rondoni (1876, pp. 34-36 n. 1) vengono registrate 264 carte per cui si deduce che l'asportazione della c. 134 è avvenuta posteriormente. Zanobi Strozzi ricevette la commissione per la realizzazione dell'intero ciclo corale per il convento di San Marco tramite l'Angelico, che ne stimò anche il pagamento. Ciò avvenne a conclusione del generale rinnovamento voluto da Cosimo de' Medici e portato avanti, fin dal 1438, da Michelozzo, per quanto riguarda l'architettura, e dall'Angelico per la parte pittorica: lo stemma mediceo, infatti, oltre ad essere presente in molte parti del convento, campeggia anche al centro del fregio della miniatura di apertura a c. 1r e nella maggior parte delle legature. Questo gruppo di codici si presenta, quindi, particolarmente omogeneo nella scelta delle misure, nelle impostazioni delle decorazioni a piena pagina ornate dai fregi del Torelli, nelle scelte cromatiche e nell'illustrazione delle feste principali, con iniziali istoriate e figurate, tutte riconducibili ai santi legati all'Ordine domenicano. Uno dei primi studiosi che si cimentarono nell'identificazione dei codici fu Paolo D'Ancona (1914, v. I pp. 53-56; v. II pp. 346-356), preceduto soltanto dal Marchese (1869, V. I, pp. 232-252) e dal Rondoni (1876, pp. 34-39) che attribuirono l'intero ciclo a Fra Benedetto dal Mugello, fratello dell'Angelico, fraintendendo, però, i documenti che lo videro coinvolto soltanto come scriba tra il 1445 e il 1448, anno di interruzione a causa della morte per la peste; i testi furono così conclusi nel 1451-1452 da Frate Giovanni da Santa Croce e Frate Gianni di Guido Barbiere, anch'egli di Santa Croce. Attraverso una rilettura dei numerosi documenti (D'Ancona 1908, pp. 94-95; Collobi Ragghianti 1950, pp. 18, 19, 26) e grazie all'opera della Levi D'Ancona (1962, pp. 105-106) è stato possibile datare e attribuire l'intero corpus delle opere realizzate in collaborazione da Zanobi e Filippo. Grazie ai documenti è possibile connotare cronologicamente ciascun codice realizzato tra il 1446 e il 1454, periodo durante il quale sembrerebbe ci sia stato un arresto dei lavori tra il 1448 e il 1450 durante la realizzazione del Graduale 515. I primi codici ad essere stati miniati sono gli Antifonari (Invv. 522, 517, 518, 520, 521), conclusi entro il 1448; i lavori proseguirono con il ciclo dei Graduali (Invv. 515, 524, 528, 526, 527, 516) fino al 1454. Questi sono gli anni in cui si nota un sostanziale miglioramento delle capacità artistiche del miniatore probabilmente perché lavorò molto costantemente anche in pittura, rimanendo sempre in contatto con l'Angelico. Le capacità di Zanobi vanno cercate soprattutto nel sapiente modo di accordare i colori dei paesaggi con quelli delle figure elegantemente vestite, tanto da farne uno dei più delicati miniatori fiorentini della seconda metà del XV secolo. Iconograficamente, il Graduale A è strettamente legato al Graduale 558, realizzato dal Beato Angelico per il convento di San Domenico di Fiesole almeno un ventennio prima. Ma Zanobi è un miniatore che appartiene ormai a una cultura diversa: è un laico immerso nella cultura cittadina rinascimentale e nelle sue miniature interpreta in modo personale i soggetti ereditati dal maestro. La parte decorativa dei fregi si deve a Filippo di Matteo Torelli, figlio di uno dei miniatori attivi all'interno della Scuola degli Angeli, che, attraverso animali dal piumaggio variopinto, farfalle, fiori e testine caricaturali, regala un aspetto favolistico ai fregi che deriva dalla tradizione dei bestiari medievali del Duecento (Garzelli 1985). |