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Opera d'arte Cristo benedicente di Maestro di San Martino (notizie 1265-1290), a Pisa

L'opera d'arte Cristo benedicente di Maestro di San Martino (notizie 1265-1290), - codice 09 00405624 di Maestro di San Martino (notizie 1265-1290), si trova nel comune di Pisa, capoluogo dell'omonima provincia sita in monastero (ex), benedettino, Museo Nazionale di S. Matteo, Piazza San Matteo in Soarta, 1, Museo Nazionale di S. Matteo
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bene culturaledipinto, frammento
soggettoCristo benedicente
tipo schedaOA_3.00
codice univoco09 00405624
localizzazioneItalia, Toscana, PI, PisaPiazza San Matteo in Soarta, 1
contenitoremonastero (ex), benedettino, Museo Nazionale di S. Matteo, Piazza San Matteo in Soarta, 1, Museo Nazionale di S. Matteo
datazionesec. XIII seconda metà; 1250 - 1299 [bibliografia; analisi stilistica]
autoreMaestro di San Martino (notizie 1265-1290),
materia tecnicatavola/ pittura a tempera/ doratura
misurealt. 29.2, largh. 25.5,
condizione giuridicaproprietà Stato, Museo nazionale di San Matteo
dati analiticiLa cornice originale dalla forma circolare è andata perduta, ma ne rimane traccia ai quattro angoli della tavola, ove manca il colore e la preparazione. Forse la tavola costituiva la cimasa di una croce. Cristo è rappresentato in posa frontale, nell'atto di benedire con la mano destra, mentre nella sinistra regge un libro chiuso. Indossa un imatio rosso e una tunica verde, entrambi decorati a crisografia; l'aureola è impreziosita da motivi realizzati con punzonature sulla foglia d'oro. L'incarnato ha un fondo verdastro con sottolineature ocra; i dettagli fisionomici più rilevanti del volto sono posti in evidenza dal ricorso a contorni rossi (naso, palpebre superiori); questi stessi sono impiegati per creare sfumature cromatiche nelle increspature della mano e nell'attaccatura della barba, resa con sottili filamenti paralleli.Personaggi: Cristo.
notizie storico-criticheDonata al Museo dal Sig. Tognelli nel 1863, la tavola, riferita da Supino (1894) e Bellini Pietri (1906) a scuola pisana del XIII secolo, fu attribuita da Longhi (1948) al Maestro di san Martino; questa attribuzione fu accolta dubitativamente da Vigni (1950), che pur notando delle affinità col maestro, ravvisava nell'opera una qualità pittorica inferiore. Garrison (1949) la attribuì a "italiano cimabuesco del tardo XIII secolo". Anche Cuppini (1952) non accettò l'attribuzione, rilevando che "il suo speciale carattere cimabuesco lievemente intinto di senesità" rendono riferibile l'opera a un fiorentino della fine del XIII secolo, simile all'autore del crocifisso della Chiesa del Carmine a Firenze. Carli, in un primo tempo contrario alla proposta di Longhi (1958), in seguito (1974) l'ha riferita dubitativamente al Maestro, sottolineandone la qualità alta e precisando che comunque il taglio degli occhi più morbido e sottile potrebbe fare pensare ad una mano diversa. Lo stesso autore afferma che se l'opera fosse del Maestro di San Martino andrebbe collocata in una fase tarda della sua attività, per la presenza di "accenni cimabueschi". Caleca (1978) ha accolto l'attribuzione al Maestro di San Martino, confermandola in seguito (1987). Successivamente Carli (1994) ha parlato dell'opera come di una testimonianza dell'influenza del Maestro a Pisa, ridimensionando così l'attribuzione del Longhi. La tavola, ricavata verosimilmente da una croce dipinta, fu adattata nel secolo XVIII alla funzione di piccolo quadretto devozionale, alterandone pesantemente l'aspetto e la composizione. Il fondo oro fu completamente sostituito con uno nuovo, mentre i quattro angoli furono ridipinti a porporina con motivi vegetali, in modo da conferire alla composizione una forma esagonale; fu inoltre alteratala decorazione dell'aureola e furono aggiunte linee d'oro alla crisografia originale. Nel secolo scorso l'opera era conservata in una collezione privata (Tognelli), prima di essere ceduta, dopo l'unità d'Italia, al nuovo Museo civico; fu quindi registrata nel catalogo di I. B. Supino (1894) al n° 12 della seconda sala. Il tema iconografico riproduce il tipo bizantino del Cristo Pantokrator, introducendovi tuttavia alcune varianti, come l'insolito gesto di benedizione o il modo di reggere il Libro per il bordo superiore. Sembra verosimile che la tavola fosse in origine di forma rotonda e costituisse il clipeo che, nelle croci dipinte del sec. XIII, coronava abitualmente la cimasa. Per le scelte compositive, l'opera si inserisce nella tradizione pittorica pisana della seconda metà del secolo XIII, e in particolare può essere posta a confronto con il Cristo del dossale di San Silvestro per la simile resa di dettagli come i capelli, la barba, le pieghe della tunica, il ricasco dell'imatio sulla spalla o il gesto della manobenedicente; rispetto a quest'opera, tuttavia, appare meno definita la resa dei dettagli fisionomici, quali le palpebre e il naso. Gli studiosi hanno generalmente sottolineato le affinità di questo dipinto con le opere raccolte intorno alla figura del Maestro di San Martino e vi hanno scorto punti di contatto con la pittura di Cimabue.
altra localizzazioneluogo di provenienza: Toscana, PI, Pisa
bibliografiaSupino( 1894)p. 30, n. 12; Bellini Pietri A.( 1906)p. 62, n. 12; Longhi R.( 1948, 1974)pp. 10-11, 30; Garrison E. B.( 1949)p.220, n. 602; Vigni G.( 1950)pp. 39-40; Cuppini L.( 1952)p. 11; Carli E.( 1958)p. 58; Carli E.( 1974)p. 44; Caleca A.( 1978)p. 13;
definizionedipinto
regioneToscana
provinciaPisa
comunePisa
indirizzoPiazza San Matteo in Soarta, 1
ente schedatoreS39
ente competenteS39
autori della catalogazioneCompilatore scheda: Cerrai M.; Funzionario responsabile: Burresi M.; Trascrizione per informatizzazione: Giometti C. (2001); Aggiornamento-revisione: Bacci M. (2001), Referente scientifico: NR (recupero pregresso); Savettieri C. (2002), Referente scientif
anno creazione1996
anno modifica2001; 2002; 2007
latitudine43.714487
longitudine10.407340

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