notizie storico-critiche | L'affresco che decora la parete di fondo della piccola chiesa ad aula unica si compone di una nicchia centrale, con la rappresentazione del "Ritrovamento ed erezione della Vera Croce", di due pilastri laterali ornati a grottesche, aperti da finte nicchie entro le quali sono accampate due monumentali figure di profeti, e di una cimasa con la raffigurazione della "Crocifissione" affiancata da due angioletti che recano i simboli della passione. Il dipinto è l'unico resto dell'antico arredo della Chiesa della Croce, eretta nel 1575 in occasione dell'istituzione della Confraternita della Morte (R. Manoni, 1994). Originariamente l'interno presentava due altari, quello maggiore dedicato alla Santa Croce e quello a cornu evangeli intitolato al Santissimo Crocifisso, dove si trovava "l'immagine di Gesù crocifisso posto dentro un'urna di legno dipinta" (così si legge in una visita pastorale del 1776 consultata dalla dottoressa Mariotti nell'ambito di una ricognizione del patrimonio storico-artistico del comune di Serra de' Conti effettuata nel 2003). Gli affreschi, gravemente danneggiati soprattutto nella parte centrale, sono stati rinvenuti recentemente nel corso di un delicato intervento di restauro, che ha rimosso lo spesso strato di scialbo e tinteggiature incautamente sovrapposte alle figurazioni per adibire la chiesa sconsacrata ad usi impropri, come quello di camera mortuaria, magazzino e sala di proiezione. Di essi si era persa memoria da quando, alla fine dell'Ottocento, lo storico arceviese Anselmo Anselmi li aveva descritti ancora intatti, proponendone l'attribuzione al pittore di Ostra Vetere Giovan Battista Lombardelli, nome che è stato accettato da Claudia Caldari (1992) in occasione della pubblicazione dell'affresco. Si tratta di un artista, che dopo le prime prove pittoriche in patria, lavorò intorno al nono decennio del XVI secolo (prima della morte avvenuta nel 1592) a Perugia, compiendo un importante soggiorno nella Roma delle grandi imprese decorative promosse da Gregorio XIII e Sisto V, dove formò il suo stile sugli esempi di Raffaellino da Reggio e Pasquale Cati (G. Sapori, 1980). La Caldari è propensa a datare l'intervento nella chiesa di Serra de' Conti alla prima attività marchigiana del pittore, proponendo accostamenti stilistici con gli affreschi del 1574 nella Chiesa del Crocifisso di Ostra Vetere, ai quali rimandano le decorazioni a grottesche. A questa data l'artista si rivela già fluido decoratore, aggiornato sulle novità del tardo manierismo romano. La propensione per le vivaci scenografie affollate e mosse, ben evidente nell'affresco di Serra, unita all'uso di una gamma cromatita accesa e ricca di cangiantismi, da ricondurre a sollecitazioni baroccesche, si afferma pienamente nell'ultimo periodo perugino, nel quale la Caldari avverte ancora stringenti affinità con le pitture della Chiesa di S. Croce, in particolare a proposito della decorazione presbiteriale della chiesa benedettina di S. Pietro. Nel periodo indicato dalla studiosa per la realizzazione dell'affresco di Serra de' Conti, tra gli estremi documentati del 1574 di Ostra Vetere e del 1579 degli affreschi perduti del chiostro Maggiore di S. Domenico a Perugia, sembra opportuno indicare l'anno 1575 di fondazione della Chiesa di S. Croce, come proposto dalla stessa Mariotti. |