notizie storico-critiche | Il dipinto è identificabile nel più antico inventario della Villa finora noto, risalente al 1755, con una delle sovrafinestre che arredavano l'Anticamera verso Ponente dell'Appartamento di S. M. (23): "Diana con una Ninfa sovra una nuvola e Glauco nell'acqua" (cfr. Angela Griseri, Un inventario per l'esotismo. Villa della Regina 1755, Torino 1988, p. 9). Il tema raffigurato appartiene ai brani mitologici cari all'Arcadia. Si tratta di una scena verosimilmente tratta dalle "Metamorfosi di Ovidio", sebbene non sia chiaro a quale mito si riferisca. L'identificazione del personaggio maschile in Glauco, proposta dall'inventario del 1755, non permette di risalire ad un episodio specifico. Glauco è infatti il nome di vari personaggi e di una divinità marina che amò invano Scilla, provocando la trasformazione della giovane in mostro, attraverso gli incantesimi della maga Circe. Resta da chiarire in questo caso la presenza di Diana, riconoscibile dalla mezzaluna sul capo e dalla faretra con le frecce, che sembra sottrarre all'uomo la ninfa (cfr. P. Grimal, a cura di, Enciclopedia dei miti, Milano 1987, p. 39). Il dipinto appartiene ad una serie comprendente un'altra sovrafinestra (Nettuno con una Dea) e quattro sovrapporte (Apollo musico, perduto, Bacco e Arianna, Deucalione e Pirra e Giove e la capra amaltea), opere tutte riferibili allo stesso autore, per il quale nel 1942 Eugenio Olivero avanzava dubitativamente il nome di Corrado Giaquinto, ricordando la precedente assegnazione di Giuseppe Vernazza a Beaumont (E. Olivero, La Villa della Regina in Torino, Torino 1942, p. 25): in realtà a quest'ultimo pittore si riferivano "tutte le sovrapporte de' più nobili soggetti dell'istoria", senza specificazioni circa i soggetti e la collocazione delle opere (Biblioteca Reale, Miscellanea Vernazza, 8-116). Marziano Bernardi, avvalendosi degli studi condotti su Giaquinto nel dopoguerra, gli affidava con sicurezza le opere in questione, pubblicando la fotografia della tela raffigurante "Apollo con Marsia", rubata nel settembre del 1979 (M. Bernardi, Tre palazzi a Torino, Torino 1963, tav. XXI; cfr. SBAS 67, Ufficio Furti, fasc. Torino, Villa della Regina, settembre 1979; C. Mossetti, a cura di, Villa della Regina. Diario di un cantiere in corso,Torino 1997, pp. 52-53, figg. 8-9). Più recentemente, Angela Griseri ha ipotizzato la presenza di collaboratori accanto a Giaquinto, riconoscibili nei "brani aperti di paesaggio e gruppi sveltiti" che fanno da quinta alle composizioni (Ang. Griseri, op. cit., Torino 1988, p. 8, nota 26). Il restauro condotto tra il 1992 e il 1993 dal Laboratorio Nicola di Aramengo d'Asti ne ha reso più agevole la lettura, lasciando supporre che l'intervento degli aiuti di Giaquinto sia stato più ampio del previsto. Rispetto alle opere del pittore pugliese, la scena ha una composizione molto semplice, animata soprattutto dalla gestualità ampia dei personaggi: i livelli di rappresentazione sono solo due, dati dalle figure in primo piano e dalla quinta paesistica ridotta all'essenziale. Come per l'altra sovrafinestra, la resa plastica e prospettica è affidata ai colori e ai contrasti chiaroscurali, che distinguono gli elementi essenziali del riquadro: il gruppo delle divinità femminili posto in piena luce; Glauco che sembra cercare rifugio nell'oscurità che circonda la scena; la vegetazione in primo piano lasciata in controluce. L'effetto plastico dato dai giochi luministici è evidente nel corpo vigorosamente chiaroscurato di Glauco e in quelli delle donne: qui l'esposizione in piena luce impone un utilizzo più sapiente e sfumato dei colori con gradazioni che vanno dal grigio, al rosa, al bianco. Nel confronto con le opere di Giaquinto la distribuzione delle luci, provenienti da un'unica fonte, risulta circoscritta; le figure, poco disegnate, sono in alcuni punti abbozzate. Permangono le difficoltà di datazione: di Giaquinto sono noti due soggiorni torinesi. Chiamato verosimilmente da Filippo Juvarra, Corrado Giaquinto arriva infatti a Torino nel giugno 1733 e vi si trattiene per circa sei mesi: a questo momento risale il primo ed unico incarico documentato per la città, datato 20 settembre 1733, quando aggiunge la figura della "Madonna della Lettera" nella tela dipinta da Sebastiano Conca raffigurante "S. Giovanni Nepomuceno" per la chiesa di San Filippo (continua in OSS). |