notizie storico-critiche | Al Salviati giunto a Firenze verso la fine della primavera del 1543 con la speranza di ottenere una commissione di rilievo dal duca Cosimo (Vasari) sappiamo che furono dati i testi delle storie di Camillo nell'ottobre dello stesso anno: "adcio possa farne uno schizzo per S. Ex. a. , e così li piacerà exeguire" scrive infatti il segretario del duca Lorenzo Pagni a Pierfrancesco Riccio, maggiordomo di corte, protettore dell'artista per questa impresa decorativa. La cronologia dell'esecuzione degli affreschi non è tuttavia completamente chiarita; sono noti i pagamenti al Salviati del maggio ed ancora dell'ottobre 1544, ed infine dell'aprile dell'anno successivo. In una lettera del settembre 1545 al cardinale Farnese, Paolo Giovio lo informa dello stato dei lavori nel palazzo e riferendosi agli affreschi della sala dichiara che "Cecho de Salviati ha fatto l'historia di Scipione" suggerendo, al di là dell'errore di identificazione del personaggio protagonista delle decorazione, che queste erano completate o molto prossime ad esserlo. Il complesso programma iconografico vede scene di storia romana relativa alle vicende salienti della vita di Furio Camillo, verosimilmente desunte da Livio e Plutarco, figurazioni mitologiche, allegorie e virtù, ed un episodio dell'antico testamento. Già in parte interpretate dal Vasari, tuttavia non sempre convincentemente, molte delle storie e figure sono state identificate dalla Cheney che ha compiuto sulle pitture fiorentine del Salviati lo studio a tutt'oggi più completo. Motivo unificatore e dominante del ciclo pittorico è il valore storico-allegorico delle "opere notabili di Camillo" scelte dal duca Cosimo, come risulta dalla lettera dell'ottobre 1543, ed evidentemente legate ad un preciso programma ideologico che la critica ha messo in rilievo in rapporto con le complesse vicende storiche compiutesi a Firenze nei primi decenni del secolo XVI. Per decorare l' ambiente destinato dalla Signoria a sala delle Udienze per la giustizia, contigua alla cappella dei Priori, Cosimo sceglie Camillo e le sue gesta con una precisa volontà di identificazione. Il Cecchi nota infatti come Camillo per gli storici romani è l'uomo della provvidenza, salvatore della patria, secondo Romolo, così come Cosimo si propone quale rifondatore del prestigio mediceo, novello Cosimo il Vecchio "pater patriae". La Cheney peraltro aveva già indicato nelle storie del condottiero i numerosi riferimenti e le evidenti allusioni alle vicende cosimiane. Nelle pitture murali del Salviati si ravvisa quanto di più "nuovo e rivoluzionario si potesse concepire a Firenze negli anni '40 del Cinquecento" (Cecchi). Il pittore di natali fiorentini, ma romano di educazione, introduce nella città medicea la grande tradizione della "maniera" di origine raffaellesca mediata attraverso le imprese di Perin del Vaga, Giulio Romano, Polidoro da Caravaggio e Giovanni da Udine, unita a spunti tratti dalle figurazioni scultoree dei sarcofagi romani, particolarmente evidenti nelle grandi scenografie delle "storie di Camillo (Smyth). L'impresa del Salviati si qualifica tuttavia per la completa indipendenza espressiva, per quella "felicità e prestezza" riconosciutagli dal contemporaneo Vasari, per la capacità singolare di far coesistere variegate componenti stilistiche: congiungendo, ad esempio, alle evocazioni della "maniera" romana echi parmigianeschi nel grande monocromo della "pace brucia le armi", palesi riflessi del viaggio in alta Italia compiuto non molti anni innanzi il suo soggiorno fiorentino. Il Vasari ricorda quale collaboratore del Salviati in quest'impresa Domenico Romano citato anche nel pagamento all'intervento dell'ottobre 1544. Di questo aiuto vengono riferite le parti di minor qualità esecutiva quali le decorazioni a grottesca nelle imbotti delle finestre e le cartelle ai lati del "sacrificio di Isacco". Gli affreschi furono oggetto di restauro o parziali integrazioni già non molti anni dopo la loro esecuzione: nel 1589 aiuti di Alessandro Allori sono documentati a "rifiorire il fregio del basamento (Lensi) e nel secolo successivo, ci informa il Milanesi (cfr. Vasari), dal Volterrano veniva ricomposta una parte del "Camillo e Brenno" all'altezza del guerriero caduto sulla destra. Sul piano conservativo oggi le pitture presentano notevoli discontinuità: la maggior parte delle figure allegoriche sono ampiamente ridipinte, nella parete sul lato della cappella dei Priori si nota un generale impolverimento della pellicola pittorica ormai caduta o molto compromessa. Particolarmente lacunoso è il fregio del basamento, estesamente ridipinto, come testimonia una foto Brogi (n. 17319), al tempo degli interventi di ripristino dei quartieri monumentali del palazzo, curati dal Lensi in questa sala nel 1908, è stato restaurato nel 1962. Destinate ad ornare lo zoccolo della sala furono eseguite dal Rost e dal Karcher, maestri dell'arazzeria medicea, su cartoni del Bachiacca dieci spalliere con decorazioni a grottesca (Adeison). |