notizie storico-critiche | Il dipinto, inedito, è stato attribuito da Enrico Galluppi al pittore romano Virgilio Guidi e, nonostante una certa genericità del soggetto e della resa pittorica, si può tentare tale attribuzione su base stilistica. Le tangenze maggiori si riscontrano, probabilmente, con le opere degli anni Venti, dopo che il pittore ebbe partecipato già nel 1916 e 1917 della temperie della quarta e ultima edizione della "Secessione", mostrando di aver fatto tesoro di sollecitazioni da modelli postimpressionisti e "fauves". Proprio negli anni Venti è fra le poche e circoscritte presenze romane a partecipare alle Biennali veneziane del 1920 e del 1922, lavorando su una pittura di solido, controllatissimo impianto compositivo, attento all'effetto luministico che esalta una risonanza atmosferica del colore, sommessamente già tonale. Anche nel '24 partecipa alla Biennale veneziana, orientata tra Realismo magico e Novecento, con una pittura alimentata da molteplici interessi: ricerca di luce che suggella la materia ricca e calma dei suoi quadri, che acquisiscono una qualità fortemente letteraria, evocativa. Tale intonazione avvicina Guidi all'ambiente culturale e letterario del Caffè Aragno, allora costituentesi, e a Vincenzo Cardarelli da cui maturarono quegli apetti di " realismo magico" anche nella sua pittura, come nel movimento della "Ronda". A queste stagione andrebbe, quindi ascritto il dipinto già Galluppi, volendone sostenere l'autografia. Nel 1927 Guidi si trasferisce da Roma nella città lagunare, dove la corrente predominante già sul finire degli anni Venti è quella che tende a unire la tradizione locale del colore-luce con quella ancora ottocentesca impressionista. Ma il pittore, in tale contesto e nonostante la sua poetica della luce, risulterà la presenza più disomogenea quando andrà a realizzare le sue marine così poco atmosferiche, caratterizzate, invece, da luce ferma neoquattrocentesca. Si avvicina in quegli anni, ma solo tangenzialmente e formalmente, al gruppo della Sarfatti, "Novecento", ufficializzato in qualche modo nel 1926 da Mussolini in occasione della I Mostra d'arte del Novecento Italiano, tenuta a Milano, nel Palazzo della Permanente. Il novecentismo di Guidi si caratterizza per il modo molto innovativo di sfaldare nella luce ogni contingenza, che tenderà sempre più ad una dimensione evocativa dell'imagine in un cromatismo sempre più luminosamente intriso (Mia Madre, Il pittore all'aria aperta, 1924). Nell'ambito della Scuola di Via Cavour Longhi lo annovera tra i "neoclassici". Nel 1935 si trasferisce a Bologna, dove nel 1942 espone alla Galleria Ciangottini in via Zamboni 36 "La donna delle uova" del suo periodo romano, insieme a Carrà, a Morandi, de Chirico, De Pisis, Rosai, Severini, Sironi, Tosi. Tornato definitivamente a Venezia nel 1944, elabora opere astratte sulla base di Mondrian e lo spazialismo di Fontana, giungendo negli anni '50 all'informale per poi tornare al figurativo negli anni 60, in chiave lirica opposta alla Pop Art. |