notizie storico-critiche | Come si apprende da E. Borea (1975), il dipinto è ricordato come opera di Annibale negli inventari di palazzo Pitti del 1698 e dei primissimi anni del Settecento: ne manca la descrizione, invece, nell'inventario dell'eredità del cardinal Leopoldo, redatto nel 1675. Il piccolo rame arrivò agli Uffizi nel dicembre del 1773, proveniente dalla villa di Poggio a Caiano, dove lo aveva visto anche J. Richardson (1728). Agli Uffizi, dunque, si trovava esposto già al tempo della stesura del catalogo dell'abate Lanzi (1982): vi sarebbe rimasto fino al 1940, anno in cui passava nei magazzini, per poi esser di nuovo presentato al pubblico nel 1973. Esposto, nel 1956, alla mostra bolognese sui Carracci, venne studiato, in quell'occasione, da G.C. Cavalli, il quale lo avrebbe datato intorno al 1595, ovvero al tardo momento bolognese di Annibale. Tale datazione, ribadita anche da D. Mahon (1957), veniva tuttavia posticipata da D. Posner (1971) ai primi anni del periodo romano dell'artista, intorno al 1596-97 circa, per le forme così dolci ed arrotondate, correggesche, inserite in una struttura monumentale, sia pure in un dipinto di piccole dimensioni. Per lo studioso, Annibale sembra aver rimeditato, in quest'opera , spunti compositivi dalla "Madonna con la rondine" di Dresda (peraltro datata, dal Cavalli, agli anni bolognesi 1590-95), come avrebbe fatto, in seguito, nel "Silenzio" oggi ad Hampton Court. Sarà da aggiungere, purtroppo, che l'ossidazione del rame ha irrimediabilmente compromesso il carattere pittorico neo-veneto del dipinto. Di questa "Sacra famiglia", infine, ci son note due copie. Una su tela, del XVI secolo, appartiene alla Galleria Palatina (v. Inv. Pal., nr.425; NCTN P5131); l'altra, del XVI/XVII secolo, su pannello, si trova invece a Dulwich College Gallery, Gran Bretagna. Esistono anche alcune stampe, leggermente variate, eseguite, fra Sette e Ottocento, da Giovanni Paolo Lasinio (Roma, Biblioteca Corsiniana, v. 53 H54), da Giovanni Fosella (Roma, Istituto Nazionale per la Grafica, F.N. 23242, 20605) i quali si eran rifatti al nostro rame, da Giovanni Domenico Picchianti (Roma, Biblioteca Corsiniana, v. 32 I 3) e da Pietro Mancion, del 1837 ca. (Roma, Biblioteca Corsiniana , v. 31 K 13) che avevan riprodotto, invece, la copia della Palatina (cfr. Borea). Sia D. Posner che E. Borea avrebbero ricordato anche un'incisione di A.J. Chollet, e sempre la Borea, avrebbe indicato due stampe, ottocentesche, una di Ignaz Sebastian Klauber, l'altra di J. Quartley. |