notizie storico-critiche | La fontana, come risulta dalla iscrizione in latino sul secondo bacino, è stata completata nel 1278 e i nomi dei suoi artefici furono: fra Bevignate, architetto e direttore dei lavori, Nicola e Giovanni Pisano, scultori, Boninsegna da Venezia, ingegnere idraulico. La tazza bronzea dove fu collocato il gruppo con le tre figure femminili è datata 1277 e firmata Rubeus, importante ma misterioso artista di cultura gotico-nordica. Sull'identità delle tre figure femminili gli studiosi si sono variamente espressi: erroneamente definito il gruppo delle tre ninfe, termine quest'ultimo non appropriato ad un'opera duecentesca, Nicco Fasola vi ha riconosciuto, citando M. Montanari (I gruppi bronzei della fontana maggiore, in "Il Mattino d'Italia centrale", Perugia, 4 maggio 1949; cfr. G. Nicco Fasola, La Fontana di Perugia. Con la relazione su i lavori di restauro del 1948-49 di Francesco Santi, Roma 1951, pp. 24-25) tre donne colte nel gesto tipico delle umbre "che equilibrano pesi sul capo, ma portandovi ritmo e solennità quasi sacra"; specificando che si tratta di portatrici di diversi ceti sociali, come le acconciature sembrano indicare (una con un diadema, la seconda con un torciglione e la terza semplicemente in capelli). F. F. Mancini riconosce nelle figure tre Ninfe (o Virtù Teologali, cfr. F.F. Mancini, in Perugia, a cura di Massimo Montella, Perugia, 1993, p. 49). F. Cavallucci ricorda, riferendosi al gruppo, che secondo lo storico perugino Pompeo Pellini, "era il 13 febbraio del 1280 quando le acque zampillanti bagnarono le tre ninfe o portatrici d'acqua" (in F. Cavallucci, La Fontana Maggiore di Perugia , Perugia 1993, p. 206, con bibl. prec.). B. Dozzini (La Fontana Maggiore di Perugia, Perugia 1994) riprende quanto scritto da Nicco Fasola ed esamina altri significati offertigli dalla bibliografia precedente; nell'elenco compaiono le tre virtù teologali, il Mistero della Santissima Trinità, le tre classi sociali (popolo, borghesia e aristocrazia), divinità greche. Riguardo alla costruzione del gruppo, in cui ogni fanciulla con il braccio sinistro alzato sostiene un'ansa dell'anfora appoggiandosi sul braccio destro della figura vicina, Nicco Fasola (cit. p. 70) osserva il senso architettonico dell'insieme e il modellato severo delle singole parti. Per questo la studiosa ravvisa nell'opera l'"incontro armonioso e creatore delle due personalità di Nicola e di Giovanni [Pisano]" (cit. p. 41; cfr. anche sc heda p. 70). Sicuramente, sostiene la studiosa, l'opera in bronzo non è l' ultima ad essere stata eseguita, vista la maggiore scioltezza delle altre. Ma l'attribuzione rimane controversa e ruota attorno ai nomi dei famosi maestri forestieri attivi a Perugia in quegli anni: i Pisano appunto, Arnolfo di Cambio e Rubeus (cfr. V. Garibaldi, Galleria Nazionale dell'Umbria, Milano 2002, p. 17). L'idea di esporre le Portatrici d'acqua in Galleria era stata già proposta al termine del restauro del 1948 da Francesco Santi , ma il progetto fu respinto dal Consiglio Superiore del Ministero per la Pubblica Istruzione che accoglieva il parere negativo del Comune di Perugia. Il criterio scelto per restaurare la fontana è stato dettato dalla necessità di procedere dall'alto verso il basso, cominciando quindi dai materiali bronzei (G. Aprato, C. Bon Valsassina, La Fontana Maggiore: il restauro dei materiali lapidei e bronzei, in Perugia. Segni di cultura, Perugia 1994, p. 83 di pp. 81-83). Per una diffusa trattazione relativa alla tecnica utilizzata per la realizzazione del gruppo, la cosiddetta "lega campana", ricca di stagno e quindi molto fluida, a dottata in genere per la fusione della campane con il procedimento a "cera persa", e all'opera di restauro, cfr. i due saggi: G. Falchetti, La Tecno logia bronzistica medievale. I bronzi della Fontana Maggiore di Perugia, e P. Rossi, Problemi conservativi delle opere in bronzo esposte all'aperto e la Fontana Maggiore di Perugia, in I lunedì della Galleria. Atti delle conferenze (maggio-giugno/ottobre-novembre 1996), a cura di Rosaria Mencarelli, Perugia 1997, pp. 187-196, 197-206. Qui viene anche notata, da un punto di vista esclusivamente tecnico, la qualità grossolana della fusione rispetto a quella del catino (p. 191). |