notizie storico-critiche | Segnalate sia da Lazzoni, sia da Bizzarri e Giampaoli nella prima sala, detta appunto, dal primo, "della famiglia della Niobe". Bizzarri e Giampaoli definiscono erroneamente il "Padre" la statua che raffigura il "Pedagogo", aggiungendo che "la interessante ed armonica collezione reca segni dei guasti che i calchi riportarono dal terremoto del 1920". Le statue riproducono il gruppo omonimo presente al Museo degli Uffizi di Firenze (Mansuelli G.A., Galleria degli Uffizi. Le sculture, 1958, parte I, pp. 101-122 e 130-132). L'episodio mitologico, notissimo, e' incentrato sull'esasperato senso materno di "Niobe" orgogliosa dei nove figli al punto di arrivare al dileggio sacrilego nei confronti di Latona coi suoi due unici, per quanto divini, Apollo e Diana. La vendetta, per mano di questi, non si fara' attendere e rappresentera' il momento drammatico fissato dall'autore dell'opera. Il gruppo, in originale, era gia' noto nella Roma imperiale, conservato nel tempio di Apollo Soriano, pur nell'incertezza dell'autore, da alcuni identificato con Skopas. Il complesso degli Uffizi, scoperto nel 1853 in una vigna della famiglia Masini de' Gallese presso Porta S. Giovanni a Roma, comprende oltre alle figure identificabili di Niobe, dei suoi Figli e del Pedagogo, anche tre figure di donne (Muse?) tradizionalmente associate all'insieme e, di riflesso, presenti nella copia carrarese (Mansuelli 1958, parte I, schede nn. 83, 94, 95, pp. 122, 130-131). Persino ai tempi della maggior fama del gruppo non fu mai del tutto chiaro quali statue vi appartenessero realmente (Haskell F.-Penny N., L'antico nella storia del gusto, 1984, pp. 404-406). L'accostamento a Skopas crea qualche perplessita' se e' vero che le figure mostrano di essere lavoro "pesante, privo di vita (...) di rielaborazione accademica di artista mediocre di eta' augustea"(Ducati, P.,L'arte classica, 1944, vol. I, p. 406). Degno di Skopas e' il patetismo che emana dalla figura della madre punita, ma l'arte skopadea mostra qui un'enfatizzazione e un gusto dell'effetto che puo' portare a concludere trattarsi della fase terminale di quest'arte. La consistenza numerica del complesso ha sempre sollevato fantasie ricostruttive, legate a interpretazioni sul suo "uso" immediato: ad un uso didascalico e ristretto alla sfera mesterico-religiosa fa riferimento la ricostruzione ideale di R. Cockerell come decorazione frontonale (Firenze Uffizi, Gabinetto Disegni e Stampe); mentre ad un impianto scenografico e narrativo rimanda quella seicentesca di Francois Perriere (Haskell-Penny 1984, p. 402, fig. 11). |