notizie storico-critiche | Le forme del Il piccolo paesaggio hanno un andamento nordicheggiante nell'apertura stretta da quinte vegetali sull'orizzonte percorso da un bagliore e interrotto da rovine monumentali. Tuttavia nell'angolo inferiore destro , ai piedi di una colonna antica e di un'urna di marmo su un plinto, cui si aggrappano putti, la snella figura di donna vestita all'antica e col petto scoperto a metà denota un'agilità correggesca e reniana che spostano la mira della ricerca verso l'Italia e Bologna in particolare. Il forte chiaroscuro che riassume le forme parla in più di umori neomanieristici, e della riscoperta nell'alveo della tradizione emiliana di umori più inquieti e irregolari, alla Faccini o alla Mastelletta. D'altra parte la solenne impaginatura architettonica, con robusti plinti lapidei e colonne dalle scannellature nitide nella luce radente sono spunti di un'accademismo anticheggiante che proprio a Bologna, alla fine del Seicento (come ricorda R. Wittkower, Art and Architecture in Italy 1600-1750, Harmondsworth, Baltimore, Ringwood 1973, p. 471), trova il suo centro d'elezione. Lontano dai fremiti umorosi di Giuseppe Maria Crespi, tanto più vibrante nel suo chiaroscuro ricco d'impasto, l'autore del dipinto gioca invece con un luminismo più secco, che si direbbe alla Giordano o Solimena. E' per la mescolanza di questi ingredienti che ci pare appropriato il nome del pittore Nunzio Ferraioli, nato a Nocera dei Pagani nel 1660, allievo secondo l'Orlandi di Luca Giordano (1634-1705) e di Francesco Solimena (1657-1747) a Napoli, ma trasferitosi verso il 1680 a Bologna, alla scuola di Giovanni Gioseffo dal Sole (1654 -1719). Amatissimo dall'Orlandi, meno dal Lanzi, egli ebbe un ottimo successo in questa città, in particolare verso il 1720 quando i più importanti specialisti bolognesi nel paesaggio puro si allontanarono o vennero a mancare. Pur non disdegnando un'attività di figurista, come afferma l'edizione del 1706 della Guida di Bologna del Malvasia, le sue opere più note sono infatti paesaggi, in cui spesso intervengono altri maestri ad eseguire le figure: Francesco Monti (Bologna 1685 - Brescia 1768) negli anni migliori, ma anche talora Donato Creti (Cremona 1671 - Bologna 1749), Giacomo Boni (check), Felice Torelli (Verona 1667- Bologna 1748) ed Antonio Rossi (Bologna? 1700 - 1753). Nelle opere di lui note, come il Perseo ed Andromeda Bologna, coll. priv. (R. Grandi in A.M. Matteucci et al. (a cura di), Architettura, Scenografia, Pittura di Paesaggio (cat. della mostra Bologna, Museo Civico, Bologna 1979, p. 329, n. 408, ill.), il Trionfo della Virtù, (Bologna, Mediocredito; con pendant una Sconfitta del Vizio, entrambi con l'intervento di Francesco monti per le figure: R. Grandi in A.M. Matteucci et al. (a cura di), Architettura, Scenografia, Pittura di Paesaggio (cat. della mostra Bologna, Museo Civico, Bologna 1979, p. 330, n. 341, ill.) o il Paesaggio con scena allegorica esposto nel 1986 a Roma, Galleria Lampronti (figure di Francesco Monti; L. Trezzani in G. Briganti, F. Bologna (a cura di), Paesaggi e nature morte dall'Italia e dall'Europa del Nord tra XVI e XVIII secolo (cat. della mostra Roma, Galleria Lampronti), Roma 1986, pp. 44-45, n. 21, ill.) il Ferraioli innesta sul paesaggio tipicamente bolognese, di derivazione carraccesca e albaniana, elementi nordicheggianti, che alla lontana derivano da Paul Bril (1553/1554 -1626) e da altri pittori fiamminghi del Seicento. Anche negli esempi citati gli sfondi, un po' a vista d'uccello, sono inquadrati in quinte boschive e animati da grandi teatri di rovine; le luci corrusche investono figure delineate con grazia nervosa. Il Ferraioli godette di grande fortuna, all'apice negli anni '20 quando partecipò, insieme con il Monti, all'impresa delle Tombe Allegoriche ordinate a pittori bolognesi e veneti da Owen McSwiny (si veda B. Mazza, 'La vicenda dei 'Tombeaux des Princes' check in Saggi e Memorie di Storia dell'Arte 10 (1976), pp. 79-102) in tele che videro anche la collaborazione del Mirandolese per le achitetture. Se nel n. 145 la parte architettonica è davvero troppo limitata per pensare all'intervento stesso del Paltronieri (Mirandola check), l'ispirazione di questi particolari così monumentali è probabilmente da attribuirsi a quest'ultimo pittore. E' probabile dunque che la data del n. 145 si aggiri intorno agli anni 1720. |