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Opera d'arte quadratura architettonica di Coduri Giuseppe detto Vignoli (1720/ 1802), a Morbegno

L'opera d'arte quadratura architettonica di Coduri Giuseppe detto Vignoli (1720/ 1802), - codice 03 00214143 di Coduri Giuseppe detto Vignoli (1720/ 1802), si trova nel comune di Morbegno nella provincia di Sondrio
immagine - immagine non disponibile -
bene culturaledipinto murale
soggettoquadratura architettonica
tipo schedaOA_3.00
codice univoco03 00214143
localizzazioneItalia, Lombardia, SO, Morbegno
datazionesec. XVIII seconda metà; 1761 - 1761 [analisi stilistica]
autoreCoduri Giuseppe detto Vignoli (1720/ 1802),
materia tecnicaintonaco/ pittura a fresco
condizione giuridicaproprietà Ente pubblico territoriale
dati analiticiIl soffitto a volta ribassata è decorato dal susseguirsi di due motivi architettonici: un alto parapetto, in marmi policromi rosa, giallo, verde, azzurro, dal profilo mistilineo e, più in alto, una balconata, in marmi policromi rosa e azzurro con colonnine gialle, che ripete l'andamento concavo- convesso. Il parapetto presenta quattro nicchie angolari che racchiudono anfore sinuose dai toni dorati; due mensole aggettanti sporgono dal centro dei lati brevi, mentre, al centro dei lati lunghi, s'innalzano due composizioni architettoniche traforate, con volute e cartigli. Gruppi fioriti e frutta gialla, rosa, azzurra ecc... a monocromo dorato, sono sparsi a decorare, in più punti, le strutture architettoniche.NR (recupero pregresso)
notizie storico-criticheVedi S. Coppa, Morbegno, Palzzo Malacrida, in S. Coppa, E. Bianchi (a cura di), I Ligari. Pittori del Settecento lombardo, (Skira) Milano 2008, pp. 240- 243.Si conferma il modulo compositivo del salone: dall'affacciamento in primo piano, impostatosi su un rispondersi e contrapporsi di moti concavi- convessi con nicchie e mensole, ad uno svaporare in toni azzurati o rosati nel piano successivo, spunto per lievi sagome mistilinee di stucco. Ricorrono le medesime composizioni di fiori e frutta e le tipologie di anfore rigonfie o campaniformi. Continua in questo ambiente, la collaborazione tra Coduri e Cesare Ligari, così come riferito dalla scheda 03/ 00214133, con risultato altrettanto felice ed anzi l'argomento meno pretenzioso offre al Ligari la possibilità di una composizione più spontanea ed aggraziata, perfettamente intonata ai "frulli" del Coduri. Per altre notazioni vedi qui di seguito:La critica ha ormai chiarito come i lavori di decorazione in Palazzo Malacrida abbiano rappresentato per Cesare Ligari l'occasione di liberare finalmente le sue affascinante nostalgia veneziano; la possibilità di una committenza aristocratica che lo tolse dall'angustia e grettezza dei repertori statici di parroci e canonici valligiani e gli permise di uscire definitivamente dagli impacci accademici, per esprimere la sua inventata più libera e brillante. L'omaggio a Gianpietro Malacrida, convinto assertore dell'illuminismo in un contesto culturale locale piuttosto retrivo, chiaramente traspare dal tema illustrato da Cesare in forma di apoteosi, nel grande salone d'onore e suggeritogli dal canonico Gian Simone Paravicini. La dicitura del dipinto, che appare appropriata, è stata proposta dalla Meli Bassi (1971, p. 68, n. 5), pare senz'altro la più appropriata. Inoltre i quattro busti collocati da Cesare nelle nicchie del Coduri (vedi scheda 03/ 00214136), potrebbero simboleggiare i quattro continenti esprimendo così il senso enciclopedico della raffigurazione delle arti e delle scienze secondo il principio dell'Illuminismo. L'affresco evidenzia eredità scenografiche del Carloni, e uno spirito rinnovato dal gusto cromatico e luministico dei veneti, che "gli suggeriva colorati fulgori e ridenti grazie" (R. Bossaglia, 1959, p. 228) ed un comporre brioso ed equilibrato cui accenna, unico elogio, anche il Malacrida: "le figure sono con eccellenza aggruppate" (Malacrida, 1816- 29, p. 117), ma per poi subito aggiungere: "Ma sparute nel viso. Non era troppo felice quel pittore nelle carnagioni". Il poco credito accordato dal Malacrida a Cesare, così come il giudizio sfavorevole del Giovio sono fonti significative che con ogni probabilità eccheggiano una posizione critica diffusa in Valtellina e a cui, in seguito, anche il Bassi (1924, p. 28), in parte, si atterrà. Sarà la critica più recente (R. Bossaglia op. cit.; L. Meli Bassi op. cit.)ad impegnarsi in una più giusta valutazione critica e tuttavia non è sfuggito come le figure "tradiscano una certa rusticità paesana nei tipi" (R. Bossaglia, 1959, p. 236); vi è una certa durezza negli arti e una spigolosità nei volti che lo riconducono al padre Gian Pietro e che da Cesare significativamente rimbalzano nel Romegialli che gli lavorerà accanto, proprio a Palazzo Malacrida.
committenzaMalacrida Gianpietro (1758/ 1762)
bibliografiaMeli Bassi L.( 1974)pp. 91- 92; p. 205
definizionedipinto murale
regioneLombardia
provinciaSondrio
comuneMorbegno
ente schedatoreS27
ente competenteS27
autori della catalogazioneCompilatore scheda: Morselli A. R.; Funzionario responsabile: Maderna V.; Trascrizione per informatizzazione: ICCD/ DG BASAE/ Riccobono F. (2010); Aggiornamento-revisione: ICCD/ DG BASAE/ Riccobono F. (2010), Referente scientifico: NR (recupero pregresso)
anno creazione1984
anno modifica2010

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