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bene culturale | dipinto |
soggetto | ragazzo sdraiato con cesto di frutta |
tipo scheda | OA_3.00 |
codice univoco | 08 00065443 |
localizzazione | Italia, Emilia Romagna, FC, Forlìvia Diaz, 49 |
contenitore | scuola, Istituto Prati, via Diaz, 49 |
datazione | sec. XVII terzo quarto; 1650 - 1674 [bibliografia] |
autore | Keihlau Eberhard detto Monsù Bernardo (1624/ 1687), |
materia tecnica | tela/ pittura a olio |
misure | alt. 49, largh. 133, |
condizione giuridica | proprietà Ente pubblico non territoriale, Istituto Prati |
dati analitici | Un ragazzo sdraiato su un fianco accanto ad un cesto d'uva ritratto sullo sfondo di un paesaggio campestre.NR (recupero pregresso) |
notizie storico-critiche | A lungo rimasto nei depositi dell'Istituto Prati di Forlì senza paternità, questo dipinto è stato finalmente ascritto alla mano dell'artista danese Eberhard Keilhau nel 1981 da A. Mazza che lo ha successivamente (1985) pubblicato evidenziando le affinità con un altro dipinto di uguali dimensioni e pervenuto dalla stessa collezione romana, in cui si vede una ragazza in ginocchio intenta a lavare panni mentre un ragazzo assorto siede accanto alla cesta in cui è riposta della biancheria. Le dimensioni di queste due opere, la comune provenienza dal palazzo della famiglia romana Muti Papazzurri, l'inquadratura scorciata delle figure, hanno fatto ipotizzare che in origine fossero dei sovrapporte. Giunsero in Romagna nel corso del XVII secolo, quando la famiglia Savorelli di Forlì ne entrò in possesso e da questi l'ereditarono i Prati. Non esistendo opere né firmate né datate di Monsù Bernardo, nel rispetto delle più antiche tradizioni artistiche nord-europee, l'intero catalogo delle sue opere si è venuto costituendo in tempi piuttosto lunghi; il Baldinucci, con il quale l'artista ebbe rapporti personali, dedicò pagine ricche di notizie alla stesura della sua biografia, ma la piena riscoperta di questa personalità artistica si deve allo studio di Roberto Longhi (1938) che giunse all'individuazione di un gruppo di opere da sempre genericamente ascritte alla mano di Antonio Amorosi e che in realtà, presentando una piena autonomia tematica e stilistica dal repertorio figurativo del maestro marchigiano, potevano essere assegnate a quell'Eberhard Keilhau ben noto alla storiografia ma ancora senza opere che potessero sostanziarne l'esperienza pittorica. Solo nel 1988 gli studi di E. Heimbürger hanno consentito di dissolvere definitivamente quell'alone di indeterminatezza che così a lungo dissimulò il profilo di questo artista.Con una tavolozza ricca dei toni più scuri e intensi della pittura olandese degli anni Trenta del secolo e particolarmente sensibile al più raffinato e intenso colorismo veneto cinquecentesco, Monsù Bernardo si soffermò a guardare, per rappresentarla con realismo, un'umanità varia e sensibile. Da Rembrandt colse il piacere di rendere visibili con il pennello anche i tratti più sottili dell'animo di ogni personaggio ritratto, uomini, donne e bambini osservati a compiere le azioni più semplici della quotidianità sembrano arrendersi al pensiero che sopraggiunge e li distoglie dall'azione, anche se soltanto per un attimo: è questo il momento che l'artista danese porta sulla tela raccontandolo con grande immediatezza e non di rado affidando a tanta semplicità l'ermetismo del double entendre. Questo ragazzo disteso accanto ad un cesto d'uva, forse metafora per un autunno capace di portare anche negli occhi dei più giovani la malinconia, andrebbe ascritto alla seconda metà degli anni Cinquanta del Seicento, quando cioè trascorso quasi un decennio dal suo arrivo in Italia l'artista danese decise di stabilirsi a Roma. Dalla quotidianità vissuta in questa città gli giunsero rinnovati stimoli per tradurre con immediatezza le sue allegorie: i bambini compaiono sempre più di frequente ad animare le sue tele in cui prendono a muoversi semplici forme che debbono a pochi e fluidi tratti la loro definizione, secondo un fare pittorico da cui non trapela con urgenza la preoccupazione per una composizione rigorosa: la persona ritratta è l'unica a poter percepire lo spazio rappresentato sulla tela come reale ed è soltanto al suo sentire, al suo vivere, al suo atteggiarsi, all'orientarsi del suo sguardo, alla sua gestualità che spetta la definizione di quello spazio come realtà esemplando così la forza di quelle "l'invenzioni di pochissima invenzione, ma di molto bella invenzione sempre". |
altra localizzazione | luogo di provenienza: Lazio, RM, Roma, Roma; luogo di collocazione successiva: Emilia Romagna, FC, Forlì, Forlì |
bibliografia | Spazio tempo( 2001)pp. 162-163 |
definizione | dipinto |
regione | Emilia Romagna |
provincia | Forlì Cesena |
comune | Forlì |
indirizzo | via Diaz, 49 |
ente schedatore | S08 |
ente competente | S08 |
autori della catalogazione | Compilatore scheda: Giuliani E.; Funzionario responsabile: Stanzani A.; Trascrizione per informatizzazione: Orsi O. (2004); Aggiornamento-revisione: ARTPAST/ Gardella E. (2006), Referente scientifico: NR (recupero pregresso); |
anno creazione | 2001 |
anno modifica | 2006 |
latitudine | 44.221055 |
longitudine | 12.039119 |