notizie storico-critiche | Non attribuito nei cataloghi ottocenteschi, il dipinto è assegnato dal Faldi al Baglione per affinità stilistica e compositiva con altre opere del pittore-biografo romano eseguite all'inizio del XVII secolo. A sostegno dell'attribuzione, oltre a quella "così singolare mistura di elementi del tardo manierismo romano e di fraintese citazioni caravaggesche", il Faldi ipotizza che si tratti di un modello per la grande pala d'altare della "Resurrezione" eseguita per il Gesù nel 1603 e perduta, nota attraverso il bozzetto del Louvre e il disegno del British Museum di Londra, ritenuto prima idea per la pala (Guglielmi C., Intorno all'opera pittorica di Giovanni Baglione, in "Bollettino del Ministero della P. I.", 1954). E' proprio questo disegno per il Faldi a mostrare fortissime somiglianze, soprattutto nella figura del Cristo, con il presente dipinto. La perduta pala per il Gesù è nota per le aspre critiche da parte di Caravaggio, di Orazio Gentileschi e di altri pittori del tempo, contro i quali Baglione presentò querela il 28 agosto del 1603. A mettere in dubbio l'attribuzione del Faldi, per primo, è stato Roberto Longhi (Giovanni Baglione e il quadro del processo, in "Paragone", n. 14, 1963) per il quale la tela è troppo "strettamente toscaneggiante" per il Baglione. Lo studioso propone, invece, come autore un toscano a Roma verso il 1620, ossia Agostino Ciampelli, oppure per la mediocre qualità del quadro, una copia antica da un suo modello smarrito. Tra i numerosi studiosi che negli ultimi anni si sono occupati dell'artista-biografo, Moeller R. (Der roemische Maler Giovanni Baglione..., Monaco 1991) inserisce il dipinto tra le opere attribuite al Baglione, ma d'accordo con il Longhi non ne condivide l'autografia. |