notizie storico-critiche | Il dipinto raffigura il Granduca Ferdinando II de' Medici a mezzobusto, con armatura. Cornice in legno dorata modanata. Il pastello in esame, che faceva parte di una serie di 8, lo troviamo descritto per la prima volta a Poggio Imperiale nell'Inventario dell'eredità di Vittoria della Rovere del 1691. Gli otto ritrattini infatti si trovavano in un 'camerino accanto alla cappella', nell'appartamento che la Granduchessa aveva nella villa, e raffiguravano i membri più stretti della sua famiglia, cioè il marito Ferdinando II, Vittoria stessa, i figli Cosimo III e Francesco Maria, il nipote G.P. Ferdinando, la moglie di quest'ultimo Violante di Baviera e gli altri nipoti Giovanni Gastone e Anna Maria Luisa. Vittoria, che della serie deliberatamente aveva lasciato fuori la nuora Margherita Luisa d'Orleans tornata in Francia, dovette essere la committente dei ritrattini e l'autore ne fu Domenico Tempesti. A Lui infatti sono attribuiti nell'inventario del 1691 citato, segnati col n. 673 (che non compare sul retro del pezzo in esame). Ancora completa di otto pezzi la serie risulta nell'inventario successivo del 1768, segnata col n. 678 (che non compare sul retro) e collocata sempre nello stesso "camerino" prossimo alla Cappella. Dopo questa data i ritrattini vennero spostati dal Poggio Imperiale forse a causa dei lavori che venivano interessando una parte della Villa, ma vi ritornarono il 29 luglio 1780,come si ricava dall'Appendice all'inventario del 1768, nella quale vennero catalogati col n. 2764.A (che compare sul retro), trasferiti dalla Guardaroba Generale. Li troviamo subito dopo nell'inventario successivo del 1784,segnati col n. 714 (che non compare sul retro), ricollocati probabilmente nello stesso "camerino". Anche nell'inventario del 1803,segnati col n. 615 (che non compare sul retro); in quello del 1810, segnati col n. 779 (che compare), ed in quello del 1818-1836,che non fornisce l'ubicazione, gli otto pastelli risultano sempre tutti assieme, segnati col n. 576 (che compare sul retro), forse nella medesima stanza presso la cappella. In seguito però la serie di otto comincia a ridursi, e nel successivo inventario del 1836, che è perduto, i pezzi presenti sono non più di sei. Dei quattro oggi rimasti, quello in esame vi compariva segnato col n. 253 (che è presente sul retro), mentre il pastello rappresentante Vittoria della Rovere ed un altro, o con Cosimo III o con uno dei suoi figli maschi (Ferdinando o Gio. Gastone), risultano già perduti. Nell'ultimo inventario, quello del 1860-1861, i pezzi presenti risultano ancora sei, compreso quello in esame che era segnato col n. 658 (che compare sul retro) e collocato, con gli altri tre rimasti, nella stanza 93 della Villa. L'indicazione fornita dall'inventario della Villa del 1691, che questa serie, già di otto ritratti medicei, sia stata eseguita dal pastellista fiorentino Domenico Tempesti (1655 c.-1736) sembra, per confronto con altre opere dell'artista, corretta e degna di attendibilità. Il Tempesti fu un artista che, dopo un primo alunnato col Volterrano, venne inviato, a spese di Cosimo III, a Parigi presso Robert Nantenil, affinchè imparasse l'arte del bulino. Vi rimase tre anni, tra it 1676 e il 1679 e ritornò a Firenze per la morte dell'incisore francese. Versato al ritratto a pastello, dovette eseguire questa piccola serie di ritratti per Vittoria della Rovere nella cui collezione figuravano gia nell'inventario del 1691. La cronologia della serie può essere ulteriormente precisata in quanto vi compaiono il Cardinale Francesco Maria, che prese la porpora nel 1686, e Violante di Baviera che arrivò sposa a Firenze nel 1689. Un'ulteriore precisazione cronologica viene anche dal citato inventario del 1691. Si tratterebbe, quindi, di opere del primo periodo fiorentino, precedente il lungo soggiorno a Roma, iniziatosi attorno al 1690. Il pezzo in esame è già stato indicato dalla Langedijk nel suo repertorio di iconografia medicea come opera di anonimo, anche se la studiosa non ha collegato questo pastello alla serie già nell'inventario del 1691 (che crede perduta), pensando il ritratto in esame, e quello descritto con altri sette nel '91, due opere distinte. In realtà si tratta di un'unica serie, cui corrispondono i numeri di riferimento inventariale, ed il prototipo per questo dipinto potrebbe essere il ritratto del Granduca di J. Sustermans, oggi agli Uffizi (inv. 1890, n. 2249), che però ha la goletta di pizzo, rispetto all'esemplare in esame. Per altri due ritratti del Granduca all'imperiale cfr. BAS 348033, 347787. |