notizie storico-critiche | Il dipinto è stato acquistato nel 1992 presso l'architetto Gualtiero Casalegno, residente in Torino, per 30.000.000 di lire; il contratto di compravendita è stato stipulato il 31 agosto 1992; il mandato di pagamento è del maggio 1993. Nei documenti attestanti la vendita e l'acquisto del quadro questo è definito opera di ignoto pittore piemontese eseguita intorno al 1730 circa. Una lettera di Sandra Pinto (n. prot. 4815 VII. 3) al Ministero per i Beni Culturali e Ambientali del 16 maggio 1991 riferisce che il quadro era stato oggetto di una comunicazione di notifica in data 26 aprile 1966 da parte di Noemi Gabrielli, allora soprintendente, che lo identificava come ritratto di Juvarra, datandolo all'inizio del quarto decennio del Settecento: la Pinto scrive che "il dipinto risulta di grande interesse iconografico ed è opera di buon pittore piemontese prossimo a Tarquinio Grassi" (Torino, Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici del Piemonte, Archivio Corrente, VII. 3 B, fascicolo 35). Andreina Griseri orienta, invece, l'opera in direzione del ritrattista svedese Martin van Meytens che prima di diventare pittore ufficiale della corte imperiale austriaca soggiorna a Torino intorno al 1728. La studiosa ritiene che alla vigilia del Regio Biglietto per la Palazzina di Caccia di Stupinigi, Juvarra avesse voluto farsi fare un ritratto da protagonista, rivolgendosi ad uno specialista del genere, che era stato scelto dalla corte per restituire la memoria storica di Carlo Emanuele I, Vittorio Amedeo I e Carlo Emanuele II e per dipingere, nel 1728, lo stesso Vittorio Amedeo II e i membri della sua famiglia, come la nuora Polissena d'Assia Rheinfels, il cui ritratto è tuttora conservato a Stupinigi: <>. L'architetto messinese è raffigurato con la croce dell'ordine di Cristo sul petto, onorificenza che gli era stata concessa in Portogallo in occasione del viaggio del 1719-1720 (Griseri, in Comoli Mandracci, Griseri, a cura di, 1995, pp. 17-18, fig. a p. 16; Gabetti, Griseri, a cura di, 1996, fig. 1; per Meytens a Torino si veda Astrua, in Pinto, a cura di, 1987, p. 72, tav. 2, con bibliografia precedente). La tela appare frutto del rinnovato clima settecentesco in cui la nuova coscienza che l'architetto acquisisce del proprio ruolo sociale e culturale è resa evidente dal modo in cui questi sceglie di farsi rappresentare e dalla frequenza dei ritratti; in essi si nota, spesso, come nel nostro caso, una visione ravvicinata del soggetto con una quasi totale eliminazione dello spazio relazionale e dell'elemento esornativo e una caratterizzazione fisionomica risultante dalla tendenza naturalistica viva nella ritrattistica borghese di inizio secolo (per questo tema si veda Mercalli, in Contardi, Curcio, a cura di, 1991, pp. 229-238). Recentemente Andrea Merlotti (2008, p. 95) ha sottolineato, tuttavia, come nel Piemonte del Settecento il ruolo dell'architetto non avesse ancora ottenuto il riconoscimento raggiunto a Roma e a Parigi: i Savoia, infatti, avevano ascritto all'ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro i principali pittori attivi a corte, ma mai alcun architetto. Lo stesso Juvarra non riuscì ad ottenere tale onorificenza né ebbe una concessione nobiliare. La presenza nel ritratto della Galleria Sabauda, come in altri suoi ritratti noti, della Croce adorna di sette diamanti dell'ordine di Cristo donatagli da Giovanni V del Portogallo permette, dunque, all'architetto messinese di rimarcare quel titolo di cavaliere che a Torino non era riuscito a ottenere e di provare il suo rango di artista ammirato in tutta Europa, considerato degno di entrare a far parte di un ordine ancora più prestigioso di quello sabaudo. L'attribuzione a Martin Meytens è confermata anche da Giuseppe Dardanello (in Dardanello, Tamborrino, a cura di, 2008, pp. 75-76) che ritiene l'opera meno formale degli altri due ritratti di Juvarra attribuiti ad Agostino Masucci e conservati presso l'Accademia di San Luca a Roma e presso l'Accademia di San Fernando a Madrid: non è qui presente alcun accenno alla professione di architetto, l'effigiato viene invece identificato nel suo status di cavaliere come mostra la croce dell'ordine di Cristo ben in evidenza sul petto. Juvarra è rappresentato in giacca nera con alamari dorati e colletto dell'abito religioso, mentre infila la mano destra sotto la mantella; i lineamenti rimandano a quelli dipinti dal Masucci, ma l'espressione appare in questa tela più gioviale e affabile. (continua in OSS) |