notizie storico-critiche | Secondo Gamba, proverrebbe da Parma; ma non abbiamo trovato affatto traccia di tale origine nei documenti che abbiamo consultato. L'opera fu scoperta da C. Gamba, che la pubblicò nel 1931 affermando che essa proveniva da Parma, vicenda della quale non abbiamo rintracciato alcuna prova. Ma le nostre difficoltà non si fermano qui. E' certo, in ogni caso, come aveva già proposto K. T. Parker nel 1930 pubblicando il disegno (preparatorio?) di Carcassonne ("Master Drawings", 1930, V, tav. l6) e come ci conferma M. Roland-Michel (1976), che un disegno di Boucher è all'origine della composizione. Quest'ultimo, rappresentante una 'Sultana che legge', fu inciso da Duflos e servì da illustrazione all'opera di Guer "Moeurs et Usages des Turcs" pubblicata per la prima volta nel 1747. Non si conoscono altro che due versioni in pittura (Algeri, acquistato nel 1932; l'altra-presso Van Diemen a Berlino nel 1926; ma potrebbe trattarsi di uno stesso dipinto), che appaiono entrambe più deboli del dipinto di Firenze. L'attribuzione della tela a Liotard non lascia, a nostro avviso,alcun dubbio: ma si può identificare quest'opera con una di quelle esposte dall'artista all'Accademia di San Luca nel 1751, 1752 e 1753? Noi crediamo di no; la guida precisa, infatti, che la Liseuse del Salon del 1751 (n.81) è a pastello; ugualmente il ritratto di Madame Adelaide (n. 77), che d'altra parte è conservato a Stupinigi (cfr. Oprescu, in "Zeitschrift fur Bildende Kunst", 1931-32, p. 211, ill.). Che si tratti di una Liseuse è chiaro; ma quali altre ragioni, oltre l'iscrizione apposta sul retro della tela, ci fanno ritenere che essa rappresenti la figlia di Luigi XV (e sorella di Luisa Elisabetta, duchessa di Parma), Maria Adelaide (1732-1800), della quale gli Uffizi conservano il Ritratto di mano di Nattier (cfr. scheda). Quanto alla data 1753 essa collocherebbe l'opera alla fine del secondo soggiorno parigino dell'artista (1748-1753). Comunque stiano le cose, l'opera è superba. Certo, l'idea la si deve a Boucher, ma Liotard la ripensa in maniera tutta sua, orientalizzando ancor di più, com'è tipico di lui, il soggetto accentuando la freddezza della luce, senza esitare nell'uso dei colori più vivaci, talvolta addirittura acidi. Il parallelo con Pietro Rotari, ancora una volta, si impone, ma rivelando nell'artista svizzero qualcosa di più in grazia e maestria, e l'assenza di una nota equivoca propria del veneziano. |