notizie storico-critiche | L’opera è registrata negli inventari della Galleria Sabauda dal 1851 al 1871 come ritratto del cardinale Maurizio di Savoia fanciullo (1593-1657) sulla base dell’iscrizione che corre in alto, al centro della tela. Il catalogo di Benna del 1857 (p. 97 n. 597) e il Callery (1859, p. 279, n. 596) avanzavano inoltre, con evidente anacronismo, un’attribuzione a Giacomo Vighi detto l’Argenta, artista ferrarese approdato alla corte sabauda nel 1561 e morto ben vent’anni prima della nascita del cardinale. L’identificazione tradizionale è stata abbandonata sulla scorta di quanto affermato da Alessandro Baudi di Vesme (1885; inventario 1899) il quale, ipotizzando che l’iscrizione potesse essere stata aggiunta nel XVIII secolo, riconosceva nel bambino raffigurato in abiti cardinalizi non il principe Maurizio bensì suo nonno il duca Emanuele Filiberto (1528-1580) che era stato parimenti destinato sin da bambino alla carriera ecclesiastica (Stumpo 1993, p. 553). Tale ipotesi è stata accolta nella successiva letteratura critica, sia in occasione della Mostra Storica del 1928 (n. 16, p. 44, fig. 7), sia dal Pacchioni (1932, p. 17), sia nell’inventario della Galleria Sabauda del 1952 che nella Storia del costume in Italia (Levi Pisetzy 1966, tav. 106), dove l’opera viene ascritta ad ignoto pittore piemontese attivo intorno al 1532. L’analisi stilistica suggerisce però per il dipinto una cronologia agli ultimi anni del XVI secolo e una stretta consonanza con un gruppo di ritratti dei figli di Carlo Emanuele I e Caterina Micaela realizzati dalla bottega di Giovanni Caracca, a conferma dell’originaria identificazione del cardinalino con il principe Maurizio di Savoia (Bava 2005, pp. 27-37; Meijer, Sluiter, Squellati Brizio 2011, p. 319, n. 500; Bava 2013, pp. 303-305). L’artista fiammingo è noto dal 1568, quando gli venne conferita la patente ducale di pittore di corte, ma il suo rapporto con la committenza sabauda doveva essere già consolidato da tempo. Emanuele Filiberto di Savoia lo conobbe forse nelle Fiandre, dove era stato governatore tra il 1553 e il 1559, e le influenze francesi riscontrabili nella sua prima produzione lasciano pensare che i legami con Torino siano nati anche grazie alla moglie del duca, Margherita di Valois, figlia di Francesco I di Francia. Il punto caratterizzante della produzione di Caracca è costituito proprio dall’abile tecnica ritrattistica che, alla corte dei Savoia così come in tutte le corti europee, rivestiva un ruolo fondamentale di rappresentazione simbolica del potere ed anche una funzione “utilitaristica” di scambio di immagini a distanza finalizzato alle politiche matrimoniali. Le nozze del 1585 tra Carlo Emanuele e Caterina Micaela, figlia di Filippo II di Spagna, segnarono una svolta decisiva nell’evoluzione stilistica del pittore fiammingo che, accompagnando il duca a Saragozza per il matrimonio, ebbe modo di conoscere e studiare i modelli della ritrattistica di Tiziano, Antonio Moro, Sofonisba Anguissola, Alonso Sànchez Coello e Juan Pantoja de La Cruz e di prenderli ad esempio per la realizzazione di molti ritratti della famiglia ducale che da allora la sua bottega realizzò e inviò in Spagna. Caracca ebbe quindi il compito di effigiare gli infanti sabaudi, rappresentati singolarmente o in ritratti collettivi, all’aperto o nelle stanze del palazzo, impegnati nei giochi, sul girello o in compagnia di animali, fissando dei prototipi che vennero ampiamente replicati e che risultano chiaramente ispirati ad esempi spagnoli come il ritratto di Isabella Clara Eugenia e Caterina Micaela di Coello conservato al Prado (Bava 2005, pp. 34-37; Bava 2013, pp. 299-305). Rientrano in questo gruppo, oltre a Maurizio in abiti da cardinalino, anche i ritratti di Francesca Caterina di Savoia a un anno e 7 mesi, un tempo a Racconigi ma ad oggi irrintracciabile (Bava 2005, p. 36; Meijer, Sluiter, Squellati Brizio 2011, p. 315 n. 491; Bava 2013, pp. 303-305), il ritratto di Vittorio Amedeo a otto anni, ora in collezione privata, i due ritratti di Filiberto Emanuele di Savoia a 2 anni (Spantigati 2005, in Astrua, Bava, Spantigati, a cura di, scheda 17, pp. 106-107; Meijer, Sluiter, Squellati Brizio 2011, p. 316 n. 484), e di Margherita di Savoia a sei anni (Spantigati 2005, in Astrua, Bava, Spantigati, a cura di, scheda 18 pp. 108-109; Meijer , Sluiter, Squellati Brizio 2011, p. 317 n. 495) appartenenti rispettivamente alla Compagnia di San Paolo e alla Cassa di risparmio di Torino ed ora in comodato alla Galleria Sabauda (Bava 2013, pp. 303-305), il doppio ritratto di Vittorio Amedeo ed Emanuele Filiberto infanti già nella collezione Bier a Bloemendal (Bava 2005, p. 36; Bava 2013, pp. 303-305), i tre ritratti appartenenti alle raccolte del Quirinale di Filippo Emanuele a nove anni, di Maria di Savoia all'età di un anno ed il ritratto collettivo di Filippo Emanuele a tre anni, Vittorio Amedeo a ventitré mesi ed Emanuele Filiberto a undici mesi. A questo folto gruppo di immagini vanno aggiunti due doppi |