notizie storico-critiche | Il dipinto raffigurante Umberto I, eseguito da Pietro Ayres nel 1840 (cfr. scheda documenti di S. Ghisotti n. 121567), appartiene alla categoria dei ritratti di parata, a grandezza naturale. Insieme al ritratto di Amedeo VI, è stato indicato come uno dei massimi risultati del neogotico carloalbertino, soprattutto per il volto "umanissimo" e "moderno" del personaggio, "...tipiche immagini d'impostazione gentilizia, dense di suggestioni cavalleresche e di richiami, nell'impaginazione e nella splendida ambientazione neogotica, alla pittura troubadour francese di Revoil, Richard..." (Dalmasso F./ Maggio Serra R. (a cura di), Francesco Gonin 1808-1889, catalogo della mostra, Torino 1991, p. 25; Castelnuovo E.-Rosci M., Torino 1980, v. I, p. 415). L'autore del grande ritratto, il pittore Pietro Ayres, era nato a Savigliano nel 1794 e morto a Torino nel 1878. Nel 1822, dopo aver preso parte alla campagna napoleonica di Russia, s'iscrisse all'Accademia Albertina, alla scuola del Biscarra che nel 1829 lo definì "abilissimo nei ritratti". A Roma, dove si stabilì intorno al 1830, strinse rapporti con Horace Vernet, direttore dell'Accademia di Francia e con Ferdinando Cavalleri, direttore del Pensionato del Re di Sardegna. Dal 1835 inizia a lavorare per Carlo Alberto, per il quale esegue il ritratto di Emanuele Filiberto, seguito poi da altri sette ritratti tutti destinati ad arredare la Galleria del Daniele (Castelnuovo E./ Rosci M., Torino 1980, v. III, pp. 1392-1393). Nel 1845 il pittore e restauratore della Regia Galleria, Antonio Vianelli, "vernicia tre ritratti grandi di Ayres", compreso quindi questo di Umberto I (cfr. scheda documenti di S. Ghisotti n. 121458), la cui presenza nella Galleria del Daniele è registrata anche da C. Rovere nel 1858 (p. 144), il quale afferma che "in tre spazi centrali della parete di ponente stanno tre quadri di maggior dimensione, dipinti da Pietro Ayres, rappresentanti le figure in piedi di Umberto I, di Emmanuele Filiberto e di Amedeo VI...". Il dipinto appartiene infatti ad una serie di cinquantaquattro ritratti rappresentanti insigni personaggi dello Stato Sabaudo, che Carlo Alberto alla fine degli anni trenta volle commissionare ad artisti a lui contemporanei, proponendosi di arredare con una serie iconografica di piemontesi illustri, appositamente eseguita, la Galleria del Daniel che riacquistava così la sua primitiva funzione di quadreria (Pinto S., Torino 1988, p. 26). Nella descrizione di questo ambiente fatta da Rovere nel 1858 le pareti appaiono "rivestite di tavolati di legno a compartimenti, divisi da lezzene con isfondi a specchi, ricche cornici ed ornamenti intagliati e dorati, e sopra caduna di tali lezzene sono collocati tre quadri dipinti ad olio da artisti contemporanei.." (p. 138). Il programma decorativo era stato concepito ed allestito intorno al 1840, come testimonia la relazione intitolata "Galleria di S. M. 1840. Personaggi illustri nazionali per Soggetti di quadri, busti, ritratti", redatta dal Conte Cesare di Saluzzo di Meneseglio (1778-1853), che allora ricopriva la carica, affidatagli nel 1830 da Carlo Felice, di governatore dei figli di Carlo Alberto. Conservato presso la Soprintendenza dei Beni Artistici e Storici del Piemonte, il manoscritto illustra i criteri di selezione dei personaggi, in cui appaiono privilegiati illustri uomini di chiesa e i nobili tradizionalmente al servizio dei sovrani nell'amministrazione e nell'esercito. I pittori chiamati a realizzare questi dipinti come Giovanni Battista Biscarra, Michele Bertrandi, Pietro Ayres, Michele Cusa, Amedeo Augero, Francesco Marabotti, Camilla Gandolfi Guiscardi, insieme a Ferdinando Cavalleri e a Luigi Gandolfi, rappresentavano i maggiori ritrattisti attivi all'epoca in Piemonte (cfr. Casassa A., La corte, l'aristocrazia, la borghesia nei ritratti e nelle scene d'interno, in Dalmasso F./ Maggio Serra R., Francesco Gonin 1808-1889, catalogo della mostra, Torino 1991, p. 88). Alcuni di questi ritratti, tra i quali certamente i tre a figura intera eseguiti da Ayres, risultano già sistemati nella galleria nell'aprile del 1840, come dimostrano alcuni documenti rinvenuti nell'Archivio di Stato di Torino (Sezione Camerale, Fondo Real Casa) da Silvia Ghisotti, dai quali risulta che fin dal 1837 Gabriele Capello lavorava al restauro di cinquantaquattro cornici "predisponendone la numerazione nello scudetto" (cfr. scheda documenti n. 121238), numeri che, nello stesso anno, gli indoratori S. Bonzanigo, P. Fagiani e F. Martini s'impegnavano a dipingere in nero (cfr. scheda documenti n. 121253). Nel 1840 è nuovamente G. Capello ad eseguire "delle cartelle da mettere sotto 43 quadri della Galleria del Daniel, tra i quali il ritratto di Emanuele Filiberto posto nel mezzo" (cfr. scheda documenti n. 121563), su ventisette delle quali Felice Spilmann esegue iscrizioni (cfr. scheda documenti n. 121574). [prosegue in Osservazioni]. |