notizie storico-critiche | Il benefattore viene ricordato con la realizzazione del busto - scolpito solo anteriormente - per l'atto testamentario datato 29 gennaio 1694 con cui lascia l'Ospedale erede universale dei propri beni con l'obbligo di mantenere tanti letti quanti ne permetterà la rendita (G. B. Morandi - S. Ferrara, L'Ospedale Maggiore della Carità di Novara. Memorie storiche, Novara 1907, pp. 71, 104). In base alla delibera del 1848 (commentata nella scheda cartacea n.4) "l'amministrazione va togliendo l'uso dei dipinti sostituendo medaglie e busti, genere di commemorazione più durevole e monumentale". Inoltre, l'iniziativa incontra il favore della critica locale, anche per ragioni di "gusto". "I quadri vecchi erano brutti, poi, a dire il vero, ma il riflesso dei costumi negli abiti, il costume come dicono gli artisti, aveva però una certa attrattiva che alla scultura male si mantiene. Questo dicansi dei ritratti antiche, ch'è l'abito nostro è prutto in pittura e quasi impossibile nella scultura, epperciò per i benefattori moderni non ci si perse (La Vedetta, anno II, 17 gennaio 1861). A differenza di altri enti caritatevoli analoghi (si veda l'esempio dell'Ospedale maggiore di Milano) che documentano il proprio riconoscimento ai benefattori con la realizzazione di ritratti non solo plastici ma anche pittorici, secondo una tradizione più antica (la delibera relativa alla committenza amministrativa dei ritratti risale per Milano al 1606: G. A. Dell'Acqua, La quadreria dei Benefattori, in "La Ca'Granda", Milano 1981, p. 44), a Novaraa l'amministrazione impone la realizzazione di sole opere plastiche, alienando progressivamente anche le precedenti testimonianze pittoriche perchè logore, meno decorose e soprattutto legate a costose modalità espositive. Entro il 1861 sono già in opera molti busti e medaglie che testimoniano il fervore decorativo presente a Novara intorno alla metà del secolo. Molti sono gli edifici civili che si arricchiscono di apparati plastici: dai portici nuovi dei mercanti (1825-1852), agli edifici della Barriera Albertina (1837), al Palazzo del Mercanto (1817-1840) (A. Rizzi, Conoscere Novara entro i baluardi, Novara 1847, pp. 5, 16, 25). A questi, dal 1850 circa, si affianca anche l'Ospedale maggiore che accoglie però opere di scultori differenti, tutti novaresi o pensionati del Collegio Caccia, pensiero che è "incoraggiamento all'arte ed alla civiltà cittadina" (La Vedetta, anno II, 17 gennaio 1861). Gli artisti interessati alla realizzazione del primo gruppo di ritratti - fra cui si colloca probabilmente il busto in oggetto - sono molti: Giuseppe Argenti, Giuseppe Cassano, Bisetti, Albertoni, Dini, Tasso e Donati; alcuni noti, altri che non sono riusciti ad imporre la propria personalità. I caratteri stilistici comuni ad altri busti della serie (in particolare al ritratto di Pavese) rimandano forse ad una stessa mano: il modellato più sciolto ed il chiaroscuro soffuso, una certa personalizzazione del ritrattato evidenziano gli stessi fermenti romantici e veristici della formazione culturale dell'artista. L'attribuzione è molto incerta sia per la difficoltà di definire i caratteri artistici di autori non documentati, sia per l'omogeneità delle indicazioni offerte dalle accademie di Milano e Torino ai cui insegnamenti stavano i giovani novaresi. |