notizie storico-critiche | Il dipinto fu acquistato a Bologna nel 1743 per Carlo Emanuele III di Savoia dall'abate Paolo Salani, che ricoprì molte volte il ruolo di intermediario tra la corte sabauda e diversi pittori bolognesi: nei Conti della Real Casa è annotato, in data 29 ottobre 1743, un pagamento "Al signor commendatore di Pamparato maggiordomo di S. M., per pagate dal medesimo in Bologna al Padre Abbate Sellani per prezzo d'un quadro compro d'ordine di S. M., rappresentante S. Giovanni Nepomuceno, destinato per li suoi reali appartamenti in questa città; L. 630" (A. Baudi di Vesme, Schede Vesme. L'arte in Piemonte dal XVI al XVIII secolo, vol. I, Torino 1963, p. 372). L'opera non risulta, tuttavia, inventariata nella "Descrizione delle pitture, sculture et altre cose piu notabili del Real Palazzo e Castello di Torino" del 1754 (pubblicata in S. Pinto, a cura di, Musei d'arte a Torino. Cataloghi e inventari delle collezioni sabaude, Torino 1994, fasc. III) né nel "Catalogue des Tableaux des plus excellens Peintres Italiens Flamands et hollandois Existans Dans les Galleries Appartamens & Cabinets de S. M. le Roi de Sardaigne" redatto nel 1777 da Pietro Paolo Wehrlin (pubblicato in S. Pinto, 1994, fasc. IV). Nel 1802 il quadro viene depositato al primo piano del Palazzo dell'Accademia delle Scienze di Torino insieme ad altre opere destinate al progettato Museo di pittura e scultura, ovvero Museo delle arti del disegno, ovvero Museo dell'Ateneo Nazionale: la "Note des tableaux sortis du palais par un arrêté du 1er vendemmiare du général Jordan [...] qui autorise le Concierge du dit Palais a délivrer tous les tableaux, et autres objets d'arts qui seraient choisis comme propres à faire partie du museum de peinture et de sculture qui va être établi près de l'Athénée", compilata da Joseph Deville, custode della residenza, menziona nell'elenco "Le Confesseur, de Crespi Bolognais" (Torino, Archivio di Stato, I sezione, Carte Alfieri, mazzo 36, fasc. 15); anche l'inventario dei dipinti e delle sculture consegnati a Giacomo Spalla, conservatore del museo, redatto il 18 germile dell'anno XI (1802), conferma la presenza della tela tra i dipinti assegnati alla scuola del disegno (Torino, Archivio di Stato, I sezione, Carte Alfieri, mazzo 29, fasc. 1). Un inventario topografico fatto compilare dal re Carlo Felice nel 1822 la segnala sulla parete sud della "Camera del Letto" del Palazzo Reale di Torino, ma ne attribuisce la paternità al pittore spagnolo Jusepe de Ribera (n. d'ordine 13). Un secondo inventario ordinato per scuole, senza data, ma compilato negli stessi anni, cita, invece, la tela come opera di Esteban Murillo (Conoscere la Galleria Sabauda. Documenti sulla storia delle sue collezioni, Torino 1982, p. 118, n. d'ordine 92). Roberto D'Azeglio, primo direttore della Reale Galleria di Torino - istituita nel 1832 per concessione di Carlo Alberto - ne fa realizzare l'incisione da Cesare Ferreri, su disegno di Lorenzo Metalli, per il primo volume della "Regia Galleria illustrata di Torino", in cui il dipinto è assegnato al pittore Daniele Crespi per ovvia confusione tra i nomi dei due artisti (Torino 1836-1846, vol. I, tav. XI). Nei registri inventariali della Reale Galleria datati 1851 e 1853 il quadro è segnalato essere allestito nella "Sala n. 3 detta del Raffaello a ponente" di Palazzo Madama, prima sede del museo torinese, sempre con riferimento a Daniele Crespi (fol. 2, n. d'ordine 45). Medesima attribuzione compare nei cataloghi redatti da Carlo Benna (Catalogue des tableaux, bas-reliefs et statues des diverses écoles exposés dans la Galerie Royale de Turin, Torino 1857, p. 13, n. 45) e da J. M. Callery (La Galerie Royale de Peinture de Turin, Torino 1859, p. 125, n. 45). Nell'inventario del 1866 la tela è, invece, correttamente assegnata a Giuseppe Maria Crespi e risulta esposta nell'Undicesima Sala (dedicata ai pittori italiani del Seicento e Settecento) al secondo piano del Palazzo dell'Accademia delle Scienze, dove la Galleria era stata trasferita dal 1865 (n. 287). I successivi inventari e cataloghi della pinacoteca mantengono questa attribuzione confermata dalle fonti documentarie (inv. Gamba del 1871, n. 287; F. Gamba, Guida od indicazione sommaria dei quadri e capi d'arte della R. Pinacoteca di Torino, Torino 1884, p. 76, n. 287; A. Baudi di Vesme, Catalogo della Regia Pinacoteca di Torino, Torino 1899, pp. 136-137, 501; G. Pacchioni, La Regia Pinacoteca di Torino, Roma 1932, p. 14, n. 501; Inv. del 1952, n. 434; N. Gabrielli, Galleria Sabauda. Maestri Italiani, Torino 1971, p. 237, n. 501). La storia critica del dipinto appare assai articolata (prosegue in OSS). |