notizie storico-critiche | Pervenuto al museo nel 1931 con il lascito Olginati, il dipinto è indicato nell'inventario del lascito del lascito col n. 233 e, inspiegabilmente, col titolo di S. Domenico. Nel catalogo Sale del museo (s. d., ma presumibilmente del 1936; figura esposta nella sala XVI col n. 28) esso è indicato col medesimo titolo e l'attribuzione a Luca Giordano; esso venne in effetti consegnato al Museo con tale attribuzione e per il trasporto venne assicurato per L. 10.000 (prot. n. 802, 25/ 1. 1934). L'attribuzione è messa in dubbio nel predetto Catalogo sale da un'attenzione a matita, anonima, secondo cui il dipinto dovrebbe essere riferito al Ribera. Sempre col titolo S. Domenico e attribuzione a L. Giordano, esso venne esposto nel dicembre 1945 alla Mostra di arte sacra, organizzata a Como, in occasione del rientro in sede delle opere, sia del Museo che di chiese cittadine, messe al sicuro nel periodo bellico (prot. n. 113 - 20/12. 1945; cart. I, sala Barelli III, con foto delle opere esposte). Sul settimanale "L'Araldo dell'arte" apparve un articolo, dedicato alla Mostra di Como, che richiamava l'attenzione sul S. Domenico e ne proponeva l'attribuzione alla "scuola genovese". Il soggetto è, senza dubbio, un san Girolamo, du cui ha gli attributi (vedi anche il San gerolamo di Durer del Museo Naz. di Lisbona, n. 41) di cui questo dipinto ripete le posizioni delle mani in modo quasi speculare, anche se qui il gesto è risolto in modo più naturalistico e volto a sottolineare lo stato di meditazione). L'attribuzione a Giordano può ritenersi accettabile, se si riferisce il dipinto al periodo (anni 50) in cui il giovane Luca, alla ricerca di un tono emotivo, patetico, espresso anche con intensa caratterizzazione di fisionomie e gesti, guardava alle opere create negli anni '30- '40. Qui, insieme ai tratti fisiognomici marcati, alle ombre cavaraggesche caratteristiche del periodo dei "Filosofi", si nota un'attenzione ai modi del Reni; in particolare colpisce il chiaro riferimento al San Giuseppe della Galleria Nazionale di Roma, esposto per la prima volta come opera del Reni nella mostra di Bologna del 1945, e riferito agli anni '40. Aggiornamenti:Come osserva l'estensore della scheda cartacea, il dipinto "...è indicato nell'inventario del lascito [Olginati] col n° 233 e, inspiegabilmente, col titolo di S. Domenico. Nel Catalogo Sale del museo [...] è indicato col medesimo titolo e l'attribuzione a Luca Giordano [...]. L'attribuzione è messa in dubbio nel predetto Catalogo Sale da un'annotazione a matita, anonima, secondo cui il dipinto dovrebbe essere riferito al Ribera. Sempre col titolo S. Domenico e attribuzione a L. Giordano, esso venne esposto nel dicembre 1945 alla mostra di arte sacra organizzata a Como, in occasione del rientro in sede delle opere, sia del Museo che di chiese cittadine, messe al sicuro nel periodo bellico [...]" presso il convento dell'Acquafredda a Lenno. Nonostante le precedenti attribuzioni, che riconducono il dipinto all'ambito della scuola meridionale - dove la raffigurazione realistica di apostoli, santi e profeti conobbe larga diffusione anche grazie alla presenza di artisti spagnoli come il Ribera -, si ritiene di poter reinserire la tela in oggetto nel contesto della pittura lombarda che non fu estranea alla cultura figurativa di marca caravaggesca, come è stato dimostrato dalle recenti mostre su Tanzio da Varallo e su Giuseppe Vermiglio.Bibliografia: Museo Civico: Registro ingressi: 1931, n. 950; Protocollo: 1934 - n. 802, 25/1, 1945 - n. 113, 20/ 12, 1945/ 6: cart. I- sala III Barelli (foto n. 68); 1960 - n. 241, 25/6 Catalogo sale (s. d., presumibilmente 1936 ca.), p. 165 (n. 28); "L'Araldo dell'arte", Milano, n. 1- 5/ 1. 1946Mostre: Como, 1945 - Mostra di Arte Sacra. |