notizie storico-critiche | Venne restaurato da G. Zennaro nel 1908. Si trovava in origine nella chies a di Santa Maria dei Miracoli, dove insieme a un "San Paolo" perduto ornav a gli sportelli interni dell'organo, che presentavano in quelli esterni l' "Angelo annunciante" e l'"Annunciata", oggi alle Gallerie, e ad "alcune hi storie di chiaroscuro" (Boschini 1664) sul parapetto, anch'esse smarrite a lla soppressione della chiesa e del convento, dove alcune parti superstiti dell'organo smontato erano state ricoverate (Paoletti 1893). I dipinti di vennero proprietà demaniale, ma negli elenchi del tempo non sono compresi né l'"Angelo", né il "San Paolo", né i chiaroscuri (Moschini Marconi 1955) . Il 3 aprile 1817 l'"Annunciata" veniva concessa in deposito alla chiesa di San Francesco della Vigna, pur conservandosi memoria della sua provenie nza, mentre il "San Pietro", come opera di Bonifacio, veniva dato ai Frari . Qui lo riconobbe il Ludwig (in Piucco 1898), recuperando anche il verbal e di deposito. L'"Angelo", ritrovato a Londra da C. Gamba, nella collezion e Langton Douglas, fu acquistato dallo Stato per le Gallerie (Fogolari 190 8). La decorazione pittorica dell'organo fu attribuita a Pier Maria Pennac chi dal Boschini. Tale attribuzione ha condizionato a lungo la critica, ch e pur riconosceva il carattere belliniano delle tre tele, fino al deciso i ntervento di Fiocco che le assegnava a Giovanni Bellini (1929). Le due por telle esterne, forse per il fatto di essere esposte, attirarono di più l'a ttenzione della storiografia che ha spesso a torto trascurato il "San Piet ro", anche se già la Moschini Marconi (1955, si vedano qui le attribuzion i precedenti a tale anno) vi avvertiva una larghezza pittorica maggiore. P er il Berenson (1957) sono tutti e tre in gran parte autografi. Per il Pal lucchini (1959) e Pignatti (1969) completamente autografi. Secondo il Robe rtson (1968), che per primo ne instaura una relazione col "Sogno di sant'O rsola" del Carpaccio, l'"Annunciazione", anche se in parte di aiuti, resta un'opera straordinaria. Per essa Sgarbi (1979) proponeva il nome di Carpa ccio, restituendola successivamente a scuola belliniana (1994). La Goffen (1990) la ritiene invenzione di Giovanni Bellini, eseguita nella quasi tot alità da un collaboratore. Rearick ripropone recentemente, con un'ipotesi suggestiva, la paternità di Carpaccio giovane, operante nella bottega dei Bellini e quindi ancora sotto tale influenza. Mentre riconosce giustamente che nel "San Pietro", studiato, come le altre due tele, tenendo conto del punto di vista dell'osservatore, la concezione e almeno parte dell'esecuz ione spettano a Giovanni Bellini. Alla luce della recente pulitura infatti il "San Pietro", una delle rare opere superstiti su tela, distrutti i tel eri di Palazzo Ducale, rivela la forza e la nobiltà della sua invenzione. Sul piano monumentale e compositivo segna uno sviluppo nell'iter di Giovan ni, soprattutto se confrontato coi rigidi santi dell''"Incoronazione di Ma ria" di Pesaro (Rearick). Il suo pittoricismo sta tra quello espresso dal "San Marco" nel paliotto votivo del doge Barbarigo, datato 1488, e quello ancor più avanzato del "San Pietro" nella pala di San Zaccaria. Per la dat azione vale il termine post quern 1489 del compimento della chiesa, il cui interno compare in tutti e tre i dipinti, con un espediente illusionistic o già usato nella pala di San Giobbe o nel "Trittico dei Frari". Comunque entro 1'ultimo decennio del secolo. |