notizie storico-critiche | Nell'antico oratorio dedicato a "S. Giovanni della Steccata", consacrato alla fine del XIV secolo e abbandonato all'inizio del XVI secolo, esisteva un organo con due ante dipinte dal Parmigianino, raffiguranti "David" e "S. Cecilia". Esse, insieme a tutti gli arredi sacri dell'oratorio, furono trasportate nella nuova chiesa dedicata a "S. Maria della Steccata", consacrata nel 1531. Già dieci anni dopo, nel 1541, i documenti ci informano che furono avviati i lavori di costruzione di un nuovo organo, più grande e funzionale del precedente, ma nessun accenno venne fatto alle antiche ante dipinte, che pare fossero esposte come semplici quadri. L'esecuzione di due portelle esterne per il nuovo organo fu ritardata di almeno una quarantina d'anni poiché, come riferì in una sua lettera il Duca Ottavio Farnese, i fabbriceri non trovavano artista degno del rivalutato Parmigianino a cui affidare la commissione. Nel 1580 fu contattato per eseguire le nuove ante il pittore fiammingo Jan Soens, reduce da Roma e operante a Parma al servizio dei Farnese. Mentre le nuove tele, rappresentanti la "Fuga in Egitto", erano ancora in lavorazione, fu richiesto allo stesso Soens di restaurare le vecchie ante del Parmigianino per poter adattare anch'esse al nuovo organo. Fu così che il Soens oltre a risistemare gli antichi dipinti, li ingrandì aggiungendo le fastose colonne, avvolte da drappi e coronate da putti, che ad oggi incorniciano le figure del "David" e della "S. Cecilia". Il risultato del lavoro prevedeva la collocazione delle ante del Soens, dall'ampia prospettiva paesaggistica, all'esterno dell'organo chiuso, mentre le tele del Parmigianino, simboleggianti la musica, furono collocate all'interno, quindi visibili quando lo strumento veniva utilizzato. L'attribuzione certa al Mazzola delle due tele risale al nostro secolo poiché, nonostante alcune fonti locali antiche riportino l'esatta paternità (ODDI, sec. XVII - ZAPPATA sec. XVII/XVIII), a partire dal settecento se la critica mantenne l'attribuzione al Soens delle aggiunte, fu spinta invece dai tratti stilistici un poco appesantiti delle due tele a riferire le portelle centrali ad un intervento posteriore di Girolamo Mazzola Bedoli (Viadana 1500 c. - Parma 1569), a detta di alcuni incaricato di ripassare le opere. Nel 1908 il Testi, che si occupò del primo restauro e dispose il trasferimento delle due tele dalla zona del presbiterio alle pareti laterali della chiesa, dove ancor oggi si trovano, mantenne ancora l'attribuzione di "David" e della "S. Cecilia" al Bedoli, mentre nel 1922 fece il nome del Parmigianino per le figure, ma ritenne erroneamente il Bedoli autore delle cornici. Nel 1934 il Santangelo e nel 1948 il Quintavalle assegnarono al Mazzola i due musici, riferendoli ad un'epoca tarda. Fu solo dopo l'attendo studio dei disegni del Parmigianino da parte di Popham e Freedberg , che le due portelle gli furono definitivamente assegnate e notandosi strette affinità stilistiche con la pala di Bardi e gli affreschi in S. Giovanni Evangelista a Parma, furono riferite ad un periodo di tempo da collocarsi prima del viaggio che l'artista intraprese per Roma nel 1524. I restauri eseguiti negli anni sessanta convalidarono definitivamente queste attribuzioni e le due tele ad oggi pienamente leggibili mostrano, sia l'entusiasmo profondamente sentito del Parmigianino per il Correggio, sia l'influenza pordenoniana, tipica del giovane artista, che si ritrova nell'uso esasperato del contrapposto, abilmente reso con l'immediata e abituale spigliatezza. Nelle cornici il Soens, pur distaccandosi con cromatica crudezza dai dipinti centrali del Mazzola, rivela un tentativo di adeguare le sue massicce figure al fare del giovane Parmigianino. Durante il restauro si è riscontrata la diversità della trama, fra la tela interna e quella che fa da cornice: degli inizi del Cinquecento quella del Mazzola, più tarda quella del Soens; poi cucite insieme. Si sono separate, irrobustite con doppia foderatura, fissate su due telai separati, anche visibilmente, da un leggero filo di metallo. Il testo autografo del Parmigianino, per la tecnica usata e per le varie sovrapposizioni, presentava vaste abrasioni, per cui si è ricorsi ad un leggero abbassamento di tono locale dato ad acquerello a lieve tratteggio. Più facile il restauro delle incorniciature del Soens, dipinte ad olio e non eccessivamente rimaneggiate. |