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bene culturale | dipinto |
soggetto | sconfitta di Radagaiso |
tipo scheda | OA_3.00 |
codice univoco | 09 00189650 |
localizzazione | Italia, Toscana, FI, FirenzeP.za Pitti, 1 |
contenitore | palazzo, statale, Palazzo Pitti, Palazzo Pitti, P.za Pitti, 1, Galleria Palatina e Appartamenti Reali, Deposito del Rondò di Bacco |
datazione | sec. XVI ; 1500 - 1599 [documentazione] |
autore | Von Aachen Johann (1552/ 1615), |
materia tecnica | tela/ pittura a olio |
misure | alt. 497, largh. 243, |
condizione giuridica | proprietà Stato, Ministero per i Beni e le Attività Culturali |
dati analitici | NR (recupero pregresso)Figure maschili: cavalieri; soldati; prigioneri; fanti. Oggetti: lancia; scudo. Animali: cavallo. Vedute: Fiesole; Firenze. |
notizie storico-critiche | Il dipinto nacque in funzione dell'arco trionfale di Porta al Prato, progettatto da Alessandro Allori nel 1589 per le nozze di Ferdinando de'Medici e Cristina di Lorena, dove fu collocato nel primo lato sinistro entrando nel circuito ottagonale. Dagli inizi del Seicento fino al 1776 fu tra gli arredi del Salone dell'appartamento dei cardenali e principi forestieri di Palazzo Pitti (oggi 'Sala Bianca'). Dopo il ripristino del Salone (1776-80) fu ritirato nei depositi del Rondò di Bacco, dove si trova tuttora. L'assetto compositivo del dipinto, come di tutti quelli facenti parte dell'apparato di Porta al Prato, risente del gusto scenografico vasariano e probabilmente fu suggerito al Mati mediante uno schizzo dallo stesso Allori. Il soggetto raffigura un episodio de la storia antica di Firenze: Radagaiso (a destra in piedi nel dipinto), seceso in Italia agli inizi del V sec. a capo dei Goti, dopo aver saccheggiato i territori settentrionali della peninsola, assediò Firenze, ma venne sconfitto e ucciso alle pendici di Fiesole dal generale romano Stilicone (a cavallo in primo piano nel dipinto), mandato in soccorso dei fiorentini dall'imperatore Onorio. Raffaello Gualterotti trasse dal dipinto una fedele incisione per illustrare il suo testo (Descrizione..., 1589). Nel dipinto non c'è molta uniformità spaziale; inoltre nelle curve delle mura di Firenze e delle schiere in corsa si nota un certo impaccio nella resa in prospettiva. C' è però molta attenzione nella descrizione dei particolari, ad esempio nelle rifiniture delle armature, nella maglie metalliche, negli elmi piumati e nelle maniche rigonfie del soldato a destra in secondo piano, e ciò rivela l'educazione alloriana del Mati. Al suo apprendistato presso l'Allori va riferito inoltre il carattere lucido della pittura e la scelta stessa dei colori , dal verde brillante del prato all'avorio dei cavalli in lontananza, ai tocchi di rosso vermiglio e all'uso abbondante di garanze rosa chiaro. Il dorso muscoloso e in tensione del prigionero a destra ricorda, seppure indirettamente, il michelangiolismo del maestro, ma è risolto con maggiore naturalismo in virtù delle novità pittoriche giunte proprio allora a Firenze da Venezia. L'azione non aggiunge un apice drammatico nel gesto del cavaliere vincente: questo sembra illanguidire anziché caricarsi di impeto guerriero. Maggiore tensione si avverte nel fremito acuto del cavallo, nello sforzo disperato del soldato disteso e nel gesto difensivo del condottiero appiedato. Il cattivo stato di conservazione della zona superiore non consente una chiara lettura dello sfondo. Il dipinto fu fatto appena un anno dopo la tavola raffigurante La Madonna del Rosario (firmata 1588) nella Pieve di Romena (AR), ma non evidenzia come quest'ultima gli interessi del Mati per Francesco del Brina e Michele Tosini, attenendosi, quasi per omaggio al maestro, agli insegnamenti alloriani. Si tratta comunque di un'opera ancora giovanile: Francesco Mati nel seguito della sua attività artistica non trattò più soggetti storici o profani (eccetto il monocromo raff. La presa di Tunisi per le esequie di Filippo II di Spagna nel 1598) dedicandosi interamente alla pittura religiosa, per la quale attinse sia dal repertorio figurativo di artisti fiorentini del maturo Rinascimento sulla scia di Fra Bartolomeo, sia dall'opera di Santi di Tito, di Passignano e di Ligozzi giungendo ad una rappresentazione semplice e popolaresca di spiritualità religiosa, del tutto conforme alle prescrizioni controriformistiche. Nelle opere tarde, appartenenti al secondo decennio del Seicento, si evidenziano invece le analogie con la pittura pietistica di Francesco Curradi. Il Mati non fu attivo soltanto a Firenze, ma in più luoghi della Toscana. |
altra localizzazione | luogo di provenienza: Toscana, FI, Firenze, FIRENZE; luogo di collocazione successiva: Toscana, FI, Firenze, FIRENZE |
committenza | Famiglia Medici (1589) |
bibliografia | Gualterotti R.( 1589)VOL. II, pp. 17-18; Feste apparati( 1969)P. 68; Dizionario enciclopedico( 1972-1976)VII p. 278 |
definizione | dipinto |
regione | Toscana |
provincia | Firenze |
comune | Firenze |
indirizzo | P.za Pitti, 1 |
ente schedatore | S17 |
ente competente | S417 |
autori della catalogazione | Compilatore scheda: Botteri L.; Funzionario responsabile: Meloni S.; Trascrizione per informatizzazione: ARTPAST/ Pieroni V., Vinardell M. (2007); Aggiornamento-revisione: ARTPAST/ Pieroni V., Vinardell M. (2007), Referente scientifico: NR (recupero preg |
anno creazione | 1986 |
anno modifica | 2007 |
latitudine | 43.765656 |
longitudine | 11.249350 |