notizie storico-critiche | Il dipinto è ricordato nell'inventario Martelli 1771 insieme con un suo pendant, una Veduta di Venezia giunta per via ereditaria al Monastero di Civitella San Paolo ed oggi disperso (A. Civai, Dipinti e Sculture in Casa Martelli. Storia di una collezione patrizia fiorentina dal Quattrocento all'Ottocento, Firenze 1990, p. 101 nota 59). Secondo la studiosa, la queste due vedute furono acquistate dall'Abate Domenico Martelli, benché non direttamente riconoscibili nella documentazione reperita. Il dipinto presenta una veduta del bacino di San Marco verso la Punta della Dogana, con le cupole della chiesa e del presbiterio di Santa Maria della Salute e la prospettiva sulla destra verso il Canal Grande e sulla sinistra verso le Zattere. Sulla destra, dietro la prora di una nave attraccata nel bacino, gli edifici non sono annotati con accuratezza topografica: lì dovrebbe trovarsi più o meno la mole imponente della zecca e gli edifici poi demoliti dei granai, ma l'edificio d'angolo, che dovrebbe essere il Fontego della Farina, o il mecato del pesce, pare affacciato invece su una piazza, mentre destano dubbi le facciate delle case accanto, a spioventi e di sapore piuttosto nordico. In primo piano gondole e barche da carico; sul molo, alcune dame in bautta e maschera, altri gentiluomini e gente comune. E' una veduta vivace e luminosa della città, ma proprio i dati che abbiamo elencato paiono dimostrare che non fu presa dal vivo. Il Van Lint non pare essere mai stato a Venezia (almeno non risulta da alcuna fonte) e le sue vedute della città possono tute risaleire a quelle di Gaspard van Wittel (Amersfoort 1652/3 - Roma 1736) che fu a Venezia tra il 1690 ed il 1696 e che al principio del Settecento dipinse tra le sue piu belle vedute della città lagunare. Nell'opera del van Wittel almeno due dipinti sono presi dalla stessa angolatura: il primo, in collezione privata a Firenze (G. Briganti, Gaspard van Wittel, Milano 1996, p. 244, n. 299, ill., è firmato e datato 1710; l'altro, a Petworth House (Sussex, U.K.), inv. n. 224 (G. Briganti, Gaspard van Wittel, Milano 1996, p. 244, n. 299, ill.), è databile al 1705 sulla base della data apposta alla Veduta della Darsena delle Galere a Napoli che gli fa da pendant. Esiste a Berlino, Staatlichen Museeen, Kupferstichkabinett, un disegno pubblicato per la prima volta da A. Zwollo, Hollandse en Vlaamse Veduteschilders te Rome 1675-1725, Assen 1973, p. 177, ill.; esso presenta la stessa inquadratura; ma è preso dall'acqua, come le vedute del van Wittel, e potrebbe esserne una memoria. Del resto si capisce bene come il Van Lint abbia colto l'occasione per aggiornare con qualche macchietta di colore locale una composizione che altrimenti sarebbe stata un po' meno sua personale. Come osserva la Civai (Dipinti e Sculture in Casa Martelli. Storia di una collezione patrizia fiorentina dal Quattrocento all'Ottocento, Firenze 1990, p. 78), proprio questi particolari si sarebbero potuti accordare con il gusto di Domenico Martelli. Peraltro nel n. 188 la materia pittorica è bellissima , e la qualità alta non smentisce la fama del pittore. Il van Lint dipinse un altro quadro con la stessa angolatura all'incirca, pubblicato da A. Busiri Vici come nella Galleria Th. Agnew & Sons (A. Busiri Vici, Peter, Hendrik e Giacomo van Lint. Tre pittori di Anversa del '600 e '700 lavorano a Roma, Roma 1987, p. 57, n.181, ill.). Hendrik Frans van Lint nacque ad Anversa nel 1684 dal pittore figurista Peter ed ebbe la sua prima educazione nell'atelier di Peeter van Bredael (1629-1719), pittore di vedute di fantasia che univano insieme rovine romane e figurette di genere. Non è certo se il suo maestro sia mai stato a Roma, ma quanto meno risentì profondamente dell'esempio di artisti nordici bamboccianti rientrati in patria dopo il soggiorno a Roma. Secondo il Gabburri (cit. da A. Busiri Vici, Peter, Hendrik e Giacomo van Lint. Tre pittori di Anversa del '600 e '700 lavorano a Roma, Roma 1987, p. 29) il van Lint venne per la prima volta a Roma poco dopo il 1700, e dunque giovanissimo; ritornò brevemente in Anversa nel 1710 circa, per la morte della madre, e un anno dopo fece ritorno a Roma per sempre. Si pensa che nel suo primo periodo, meno identificabile, egli abbia lavorato nello studio del van Wittel, come aiuto per sbrigarne le numerosissime commissioni che gli provenivano da tutta Italia. Questa scelta conferma nel giovane pittore un talento assai sviluppato. Il soprannome 'Studio' che gli venne dato più tardi nella 'Bent' (associazione dei pittori nordici a Roma) gli proviene forse proprio da questa assidua collaborazione, o forse dall'attenta finezza delle sue opere. Peraltro la sua opera risente anche della contiguità con paesaggisti come Crescenzio Onofri e soprattutto, ci pare, Filippo Lauri, sulla quale si vedano le schede della Collezione Martelli nn. 97, 98. [segue in Osservazioni] |