notizie storico-critiche | Il dipinto, pendant del n. 97 firmato F. van Lint fe, è sempre stato considerato, sia nei documenti, che nella letterature precedente (M. Gregori, Inventario 1986 (2000), no. 98; A.Civai, Dipinti e Sculture in Casa Martelli. Storia di una collezione patrizia fiorentina dal Quattrocento all'Ottocento, Firenze 1990, p. 77, 101 nota 58), come opera di Hendrik Frans van Lint (Anversa 1684- Roma 1763). Tuttavia l'esame della struttura e dei dati di stile dei due dipinti mostra parecchie differenze, pur nell'accostamento della gamma cromatica, che pone un interessante ventaglio di ipotesi sulla genesi dei due dipinti. La scena sacra raffigura il momentoin cui Gesù chiama i primi Apostoli (Pietro, Andrea, Giacomo e i due figli di Zebedeo) a seguirlo, promettendo loro di farli 'pescatori di uomini' dopo aver concesso loro unapesca di miracolosa abbondanza. Essa si svolge, come secondo il Vangelo, sulle sponde del lago di Tiberiade, qui raffigurato come uno dei laghi che allietano i Colli romani, con barche di pescatori sulle acque increspate dal vento e un borgo murato e assolato, di impronta chiaramente antica; più lontano, castelli nella campagna, poi boschi e infine montagne brulle, il tutto in colori degradanti da un verde argenteo al viola al lilla, per accompagnarsi poi all'azzurro del cielo. Il primissimo piano, costituito dal poderoso gruppo di alberi, è in rapporto dialettico immediato con le figure, poiché l'ombra degli alberi si proietta fin quasi ai piedi del Cristo, e non crea una quinta o riquadro come nel no. 97. In più, il passaggio alla lontananza è assai più graduale e continuo che nel no. 97; più'italiano', se così vogliamo definire: ovvero, con un senso della distanza più misurabile. Tutto questo ha creato non poche difficoltà nell'accettare l'attribuzione al Van Lint; ed a ciò si aggiungono altre osservazioni che la ostacolano: il gruppo di alberi, definito in modo assai pittorico nei tronchi; le figure mosse ed articolate dei personaggi; perfino le ombre portate proiettate dalle mura della cittadina lacustre. Infine, la sigla F.L. in lettere latine, una firma assolutamente insolita nel van Lint che usava solitamente il corsivo e la formula per esteso del suo nome, talora accompagnata perfino dal suo pseudonimo di membro della lega dei pittori nordici, ' Studio'. D'altra parte A. Busiri Vici (A. Busiri Vici, Jan Frans van Bloemen Orizzonte, Roma 1974, p 78, ill. n. 78) pubblica dalla collezione inglese del Duca di Yarborough un dipinto assolutamente identico in composizione con l'attribuzione per il paesaggio a Jan Frans van Bloemen e, almeno per le figure, a Filippo Lauri. In appendice alla biografia di quest'ultimo scritta da Francesco Saverio Baldinucci (a cura di A. Matteoli, Roma 1975, pp. 174-176, part. p. 174), appare una lista autografa del Lauri stesso che, al termine della sua lunga vita, elenca le opere piccole eseguite per il mercato con crescente successo negli ultimi anni. Nel 1683 egli afferma di aver eseguito per l'esperto di glittica, di antiquaria e console francese a Roma Michel-Ange de la Chausse (1660-1724) ovvero Michelangelo Causei, un dipinto di due palmi su tavola rappresentante un paesaggio con la chiamata di San Pietro, assai apprezzato per le sue piccole figure. E' possibile che questo fortunato modello sia stato replicato più volte , su differenti supporti, dal Lauri stesso, e che uno di essi sia pervenuto al Van Lint che lo completò con un pendant dalla composizione accuratamente bilanciata ed in controparte (Casa Martelli inv. 97). Non è da escludere un intervento di finitura del van Lint in alcuni particolari del paesaggio, anche se le chiome degli alberi con le loro tinte varie paiono più tipiche del Lauri. Troppo puntuali sono infatti le rispondenze perché si possa pensare ad una casuale coincidenza nel lavoro dei due artisti. Sul dipinto si veda Huys Jansen P./ Squellati Brizio P., Repertory of the Dutch and Flemish Paintings in Italian Public Collections. Tuscany in corso di stampa. |