notizie storico-critiche | La scultura è stata valorizzata nel 1972, dopo anni di dimenticanza, traendola dal magazzino di palazzo Pitti, dov'era stata conservata. Acquistata nel 1860, venne collocata nel palazzo della Crocetta e poi presso l'Accademia di Belle Arti, divenuta Galleria Antica e Moderna. Sandra Pinto (1972) ritiene la posa del gruppo debitrice ad elementi della statuaria funebre, tradotti in chiave domestica ed ha datato giustamente la statua intorno agli anni quaranta, poiché stilisticamente dipendente dei modelli del Bartolini e del Pampaloni. tale inquadramento critico è confermato dalla notizia dell'esposizione dell'opera, come modello gesso, al consueto appuntamento autunnale dell'Accademia di Belle Arti (Gazzetta di Firenze, n. 122,10 maggio 1840). il commento di A. N. Inzunnia offre inoltre una più precisa interpretazione del contenuto che il Freccia volle offrire con la scultura: "personificò Amore che piange la Fedeltà morta espressa da un cagnolino. Il concetto è anacreontico. Il fanciullo nel suo dolore misto a sorpresa, sta seduto in un grande abbandono, e l'anima di lui è tutta concentrata in un guardo addolorato verso l'esanime bestiola che gli giace ai piedi". In quella stessa occasione Pietro Freccia espose anche un busto che ritraeva il signor Marchionni, genere in cui riscuoteva una certa ammirazione. Il tema di "Amore che piange la Fedeltà morta", che ci risultava essere l'opera con la quale lo scultore attrasse su di séi attenzione per la prima volta, sembra poter fare pendant per contrasto con un altro gruppo che il Freccia e spose nel 1844, sempre all'Accademia di Belle Arti: "Amore risanato da Imene", opera che venne considerata molto graziosa e che piacque a chiunque raffigurando Amore sconsolato senza il suo fuoco, svenuto tra le braccia di Imene che lo consola ("Ricoglitore Fiorentino", n. 28, cinque ottobre 1844 e "Giornale del Commercio", n. 43, 23 ottobre 1844). La traduzione in marmo di "Amore e un cane che gli muore ai piedi significante la Fedeltà", ci risulta esposta all'Accademia solo nel 1847. A questa linea patetica, aggraziata e tenera, appartiene anche la "Psiche" seduta in atto di porgere una ciotola ad una colomba sulla spalla, inviata con successo nel 1851 all'Esposizione Universale di Londra (Monitore Toscano, n. 151, 5 luglio 1852). Scarso l'impegno del Freccia sul piano monumentale a parte il completamento per il monumento a Cristoforo Colombo a Genova, lasciato incompiuto già dal Bartolini, oltre che dallo stesso Freccia. La partecipazione ricordata al complesso delle statue per il portico degli Uffizi (Cultura Neoclassica e Romantica nella Toscana Granducale, Firenze 1972, p. 200), in realtà non avvenne. Difatti potevano partecipare all'impresa solo scultori toscani e Pietro Freccia si rifiutò di cambiare la sua cittadinanza sarda, poiché "l'uomo di carattere - rispose - non muta patria e religione" (G. C. Cevasco, Necrologio, ne "Le Arti del Disegno", n. 33, 16 agosto 1856). |