notizie storico-critiche | Allievo prediletto di Smargiassi e Pitloo all'Accademia di Belle Arti di Napoli, il maggiore dei Palizzi decise di mettere in discussione la formazione accademica e recarsi in Francia nel 1844, dove, grazie ai pittori di Barbizon, trovò la sua poetica. Il primo successo arrivò nel 1848, quando il Salon fu aperto anche ai Barbizonniers ai quali ormai egli era considerato contiguo, mentre nel 1855 esponeva, sempre al Salon, quale membro del gruppo. Il pittore prediligeva in un primo momento soggetti animalisti, alla pari del fratello Filippo e soprattutto di Rosa Bonheur e Constantin Troyon, attingendo da questi ultimi l'attaccamento alla foresta di Fontainebleau, dove uomini e animali vivevano una esistenza serena e in opposizione al trambusto cittadino; in seguito il pittore cominciò concentrare l'attenzione sulla ripresa della fitta trama del bosco e della sua vegetazione, come evidente nel dipinto in esame. L'opera rappresenta esemplarmente l'ultima fase dell'artista, nel momento in cui torna a riflettere su tematiche care alla produzione giovanile e romantica. Nel dipinto è evidente infatti un recupero di schemi classici, come una certa attenzione prospettica con la disposizione di quinte arboree che digradano verso il fondo e con la luce che filtra dal fondo verso i primi piani. La nitida descrizione dei tronchi e delle fronde nei primi piani, inoltre, sottolinea ancora romanticamente la maestosità della natura, enfatizzata anche dal grande formato della tela, insolito nella produzione naturalista e 'en plein air' del secondo Ottocento. Il dipinto inoltre, trova un rapporto molto stringente con il "Taglialegna nella foresta di Fontainebleau" di qualche anno più tarda (Napoli, Museo di Capodimonte) ed è accomunato ad esso anche nella predilezione per gamme grigio-verdi, oliva, paglierine e cerulee. La grande tela, esposta al Salon parigino del 1874 col titolo "La forêt", fu acquistata dal Ministero nel 1877 in occasione dell'Esposizione Nazionale di Napoli, dove ottenne il Grand Prix d'Honneur e dove fu ampiamente lodata dalla critica (Abbatecola 1877, pp. 213-214, Boito 1877, p. 396, Netti 1980, p. 12-13) e dal pubblico; l'opera restò poi in deposito al Collegio Romano fino al 1883 quando fu portata alla prima sede della Galleria Nazionale, al Palazzo delle Esposizioni. |