notizie storico-critiche | Nato a Roma da una famiglia di umili origini proveniente da Narni, cresce nel paese umbro e vi trascorre la sua infanzia ricevendo la sua prima formazione presso gli scolopi della chiesa di S. Agostino. Probabilmente per assecondare il suo precoce talento e avviarlo a buoni studi artistici, la famiglia si trasferisce da Narni a Napoli nel 1865. Qui frequenta la scuola dell'oratorio dei gerolomini e la scuola serale presso la chiesa di S. Domenico Maggiore, dove incontra il coetaneo Vincenzo Gemito con cui, nello stesso anno, inizia a frequentare lo studio dello scultore Stanislao Lista. Sempre nel 1865 si iscrive ai corsi dell'Istituto di Belle Arti di Napoli che seguirà fino al 1871, avendo, fra gli altri, come insegnante Domenico Morelli - determinante per la svolta dell'artista verso le correnti del verismo, pur senza trascurare la tradizione della pittura napoletana del Seicento - e come compagno di studi Francesco Paolo Michetti. Il giovanissimo artista, così come l'amico Vincenzo Gemito, rivolge da subito la sua attenzione alla descrizione della realtà popolare e delle misere condizioni dei vicoli della città, utilizzando come modelli persone trovate in strada, scugnizzi, giovani donne o saltimbanchi, rappresentati con intenso realismo ma al tempo stesso trasfigurati e sublimati in chiave poetica. Tra le opere più significative di questa fase giovanile, Lo scugnizzo (Biella, collezione privata), ammirato da Palizzi e Morelli e presentata nel 1868 alla Promotrice di Napoli, Il Prevetariello (1870, Museo di San Martino a Napoli), Carminella (1870, Roma Gnam) e il Saltimbanco (1872, New York, Metropolitan Museum of Art).Il volto di Carminella, i cui tratti compaiono in altri dipinti giovanili di Mancini (Guzzi 1943, fig 2), è caratterizzato da una solidità di forma, da un disegno costruito dalla luce e dal chiaroscuro che trasmettono una forte resa psicologica. La tela, così come altre opere giovanili dell'artista, (Lo studio, Il malatino, Il venditore di cerini, Ritratto di Carlo Chiarandà), è acquistata dall'allora direttore della Galleria Roberto Papini, che nel 1938, alla morte dell'artista allestirà una sala monografica in suo ricordo e viene esposta alla VI Quadriennale d'Arte di Roma del 1951 nell'ambito della retrospettiva sulla pittura del secondo Ottocento (Roma 1951, p. 123, n.1; Castelfranco 1952, pp. 16, 62, tav. LIX). Il ritratto prima di rientrare in Italia, è appartenuto a una raccolta d'arte di Santiago del Cile, avendo la notorietà dell'artista valicato i confini nazionali sin dall'ottavo decennio dell'Ottocento ed avendo avuto le sue opere fortuna collezionistica in Sudamerica nei primi decenni del Novecento. |