notizie storico-critiche | L'iconografia del soggetto si venne formando nell'arte bizantina intorno al X-XI secolo sulla base di una serie di testi apocrifi, tra cui i più diffusi erano il Sermone di Giovanni Evangelista sulla Dormizione della Madre di Dio, il Sermone di Giovanni arcivescovo di Tessalonica e il Sermone sulla Dormizione di Andrea di Creta. Inoltre, un considerevole influsso sulla raffigurazione della Dormizione fu esercitato dai canoni della festa, composti da Giovanni Damasceno e Cosma di Maiuma nell'VIII secolo. L'icona in esame appartiene a una variante particolareggiata della Dormizione, in cui sono raffigurati gli avvenimenti più importanti per significato: il compianto funebre della Madre di Dio, adagiata sul letto di morte, da parte degli apostoli, e l'apparizione di Cristo nella gloria, che accoglie fra le braccia la sua anima. Oltre agli apostoli, al capezzale sono raffigurati quattro santi vescovi poiché, secondo l'innografia, apostoli e vescovi rappresentano la cerchia più intima della Chiesa, i testimoni del miracolo dell'Assunzione della Madre di Dio in paradiso, nella Gerusalemme celeste. Un'altra peculiarità iconografica è la raffigurazione, nell'area inferiore della composizione, della scena della punizione inflitta dall'arcangelo Michele all'empio ebreo Aufonia, cui viene mozzata una mano. Secondo gli apocrifi, durante la traslazione del corpo della Madre di Dio da Gerusalemme al Getsemani, sul luogo della sepoltura egli tentò di rovesciare il letto funebre di Maria e fu immediatamente punito dall'arcangelo, che apparve e gli troncò le mani. Quanto però Aufonia si pentì, venne risanato per intercessione di san Pietro. L'iconografia è analoga alle composizioni di una serie di icone del XVI secolo: ad esempio, la parte centrale dell'icona della "Dormizione della Madre di Dio, con scene della vita di Gioachino, Anna e la Madre di Dio", del monastero delle Grotte di Pskov, eseguita nella seconda metà del XVI secolo e venerata come taumaturgica, e un'icona che porta lo stesso titolo, proveniente dalla cattedrale della Trinità nel monastero di sant'Ipazio a Kostroma, dipinta nel terzo quarto del XVI secolo (attualmente alla Galleria Tret'jakov). Si può ipotizzare che l'opera in esame risalga a una delle repliche della venerata effigie pskoviana. L'opera è riferita da Bettini alla scuola Stroganov, mentre, secondo Marcucci, sarebbe stata eseguita da un artista moscovita alla fine del XVI o nel XVII secolo in stretta analogia stilistica con l'Ascensione del Signore, appartenente alla collezione della Galleria dell'Accademia. È difficile accettare questo punto di vista, dal momento che ad avvicinare le due icone è solo in qualche modo il colorito, mentre tutti gli altri elementi artistici si differenziano notevolmente. Le caratteristiche stilistiche testimoniano che essa è una delle opere più tradizionali della collezione dell'Accademia. Probabilmente, ciò è dovuto al fatto che la sua composizione segue esattamente gli schemi compositivi delle opere già citate, appartenenti alla seconda metà del XVI secolo. Il legame con le tradizioni della pittura del XVII secolo è attestata da numerosi particolari: i motivi ornamentali, il modellato delle vesti dei personaggi, reso attraverso lumeggiature in oro, e il disegno dell'impiantito a piastrelle, che segue la prospettiva lineare. Alcune peculiarità stilistiche dell'icona trovano remote analogie in altre opere della collezione dell'Accademia. Ad esempio, per il colorito, in cui predominano ocre e marroni tendenti al nero e al rosso, accostati a singoli elementi eseguiti in bianco, quest'opera si avvicina, oltre che alla già ricordata Ascensione del Signore, anche all'icona del Natale. Simili sono infatti le tipologie dei volti e la loro maniera pittorica, eseguita su un incarnato base bruno-olivastro mediante ampie schiariture di ocra, caratteristiche dell'icona della Protezione della Madre di Dio. La somiglianza stilistica delle opere elencate testimonia che esse uscirono tutte da un ambiente di provincia e vennero dipinte contemporaneamente (intorno al 1730-1740), probabilmente in un'unica bottega. |