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bene culturale | dipinto, opera isolata |
titolo | Gregge a Tor di Quinto |
soggetto | paesaggio |
tipo scheda | OA_2.00 |
codice univoco | 12 00489569 |
localizzazione | RM, Romaviale Belle Arti 131 |
contenitore | palazzo, espositivo, Galleria Nazionale d'Arte Moderna, viale Belle Arti 131, depositi |
datazione | XX ; 1903 - 1903 [data] |
autore | Sartorio Giulio Aristide (Roma 1860 - 1932), |
materia tecnica | tempera su tela incollata su cartone |
misure | alt. 41, largh. 56, |
condizione giuridica | proprietà Stato, Galleria Nazionale d'Arte Moderna |
notizie storico-critiche | L'interesse di Sartorio per il paesaggio risale almeno al 1882 quando entrò in contatto con D'Annunzio alla "Cronaca Bizantina" rimanendo forse influenzato dalle teorie sul verismo e sul paesaggio del letterato abruzzese. Ancor di più dovettero destare l'interesse del pittore le ricerche dell'amico Francesco Paolo Michetti visto che iniziò a dedicarsi in maniera sistematica alla pittura di paesaggio dopo il soggiorno compiuto con questi a Parigi nel 1889 in occasione dell'Esposizione Universale dove anche loro presentavano dei lavori. Il frutto delle riflessioni dell'artista sul paesaggio trovarono sistematizzazione teorica in alcune note raccolte nell'articolo del 1893 su Constable (G. A. Sartorio, J. Constable, in "Nuova Rassegna", II, 1893). Per Sartorio "il paesaggio è forma d'arte per se stesso"; l'artista ha solo il compito di scegliere il luogo, il momento e il taglio che intende dare alla scena al fine di comunicare il suo sentimento al riguardante per ricreare la "primitiva sensazione" che costituisce "l'anima dell'opera". A questo scopo tutti i mezzi espressivi concorrono al risultato: il pastello, utilizzato per fermare la prima impressione, offre l'immediatezza cromatica e atmosferica, mentre il taglio compositivo viene studiato anche mediante la fotografia, utilizzata da Sartorio con grande interesse, come del resto è ampiamente rilevabile in "Veduta di Ninfa" (1896, Roma, Galleria Comunale d'Arte Moderna) e nel dipinto in esame, testimoniando anche una contiguità con i fotografi della Campagna Romana a partire dal Conte Primoli (cfr. Frezzotti 2011, p.138). Il dipinto è datato 1903 e risulta una traduzione in pittura di un soggetto già trattato una prima volta da Sartorio, con lo stesso taglio e la stessa composizione, negli anni novanta dell'Ottocento, in un'acquaforte che fa parte di un gruppo di nove incisioni, alcune datate agli anni 1892 e 1896, le cui lastre di rame furono ritrovate nel 1970. Per la sua derivazione fotografica, l'opera risulta interessante nell'impaginazione che vede la collina verde occupare quasi tutto lo spazio, puntellata dalla presenza del gregge e del pastore; in questi elementi il dipinto ben rappresenta il modo con cui Sartorio di dedicò ai temi della campagna laziale, interpretati con una sensibilità che denota interesse nella ricerca della fusione della campagna con i suoi abitanti con un accento nostalgico - che sarà poi proprio dei XXV della Campagna Romana - che se a una parte è lontana dagli accenti pittoreschi e di genere dei paesaggisti romani del secondo ottocento (ad esempio Aurelio Tiratelli o Pio Joris), essa è quasi più affine alla poetica di Arnold Böcklin che in quella natura ne andava ricercando gli abitanti, con lo scopo di recuperare una mitologia ormai perduta. |
altra localizzazione | provenienza: RM, Roma |
bibliografia | Bucarelli( 1951)p. 62; Monteverdi( 1984)p. 112; Mammucari( 1984)p.89; Cataldi Villari( 1989)p. 70; Frezzotti( 2011)pp. 138, 311 |
definizione | dipinto |
regione | Lazio |
provincia | Roma |
comune | Roma |
indirizzo | viale Belle Arti 131 |
ente schedatore | S51 |
ente competente | S51 |
autori della catalogazione | Compilatore scheda: Biscaglia M.; Funzionario responsabile: Compilatore scheda: Piccioni, M.; Funzionario responsabile: Piantoni G.Frezzotti, S. |
anno creazione | 1995; 2011 |
latitudine | 41.916344 |
longitudine | 12.482229 |