notizie storico-critiche | Il dipinto si trova nella Sala del Consiglio, già stanza delle Alcove al tempo della Duchessa Giovanna Battista, perché aveva due grandi alcove che si aprivano verso nord e Stanza del Sonno, per la destinazione dell'ambiente e per il dipinto visibile al centro del soffitto. Sono stati numerosi gli interventi realizzati nelle decorazioni di questa stanza e di quelle attigue, collocate in una delle parti più antiche dell'edificio (C. ROVERE, Descrizione del Reale Palazzo di Torino, Torino 1858, pp. 123-124; 196, nota 42, con la descrizione degli arredi presenti in origine e le destinazioni della stanza succedutesi nel tempo). Con Carlo Alberto, con cui si avviò nel 1836 il rimaneggiamento della sala su progetto di Pelagio Palagi, divenne stanza di studio (Sala del Consiglio di Conferenza) e in seguito Camera dei Santi, per la presenza dei ritratti dei personaggi di Casa Savoia, in fama di santità (M. BERNARDI, Il Palazzo Reale di Torino, Torino 1959, tav.XXIII; M. DI MACCO, Quadreria di palazzo e pittori di corte. Le scelte ducali dal 1630 al 1684, Torino 1988, p. 131, dov'è trascritta la descrizione dei dipinti della stanza contenuta nell'inventario Allemandi del 1682). Il grande quadro al centro del soffitto fu dipinto nel 1663 da Jean Miel, rappresentandovi "Il Sonno di Annibale fra gl'Iberi", soggetto che nel Settecento venne anche interpretato come Enea chiamato dal suo genio guerriero alla conquista del Lazio (C. ROVERE, 1858, p. 198, nota 43). Al fregio in legno del soffitto vi lavorava prima del 1660 Pietro Botto su disegno di Carlo Morello, aggiungendovi nel 1663 un secondo fregio scolpito da Francesco Borello. Secondo Rovere il dipinto che doveva essere eseguito da Caravoglia, fu realizzato da Miel; per i lavori avvenuti in seguito nell'ambiente e che forse interessarono anche parte del soffitto, il quadro subì un restauro da Seyter, ma quest'ultima informazione non ha finora conferme documentarie (C. ROVERE, 1858, p. 198, nota 43). Michela Di Macco ha invece rinvenuto i documenti, in cui si attesta che il dipinto fu in un primo tempo commissionato al pittore Bartolomeo Caravoglia, per poi essere realizzato da Miel, forse su un primo abbozzo del pittore piemontese (M. DI MACCO, Quadreria di palazzo e pittori di corte. Le scelte ducali dal 1630 al 1684, in G. ROMANO, a cura di, Figure del Barocco in Piemonte. La corte, la città, i cantieri, le province, Torino 1988, p. 67 e p. 132, nota 15, tav. 24). Realizzato negli ultimi anni di attività del pittore, l'opera è ancora in rapporto con la pittura olandese degli anni Sessanta a Roma: A. Griseri evidenzia gli effetti luministici riprodotti nel paesaggio e nella figura di Annibale addormentato, ricordando due sovrapporte dell'artista, raffiguranti Il sonno di Temistocle e Cesare al Rubicone, sostituite quando Vittorio Amedo II fece demolire le alcove da quattro sovrapporte del Seyter, anch'esse perdute (A. GRISERI, Mostra del Barocco piemontese, catalogo della mostra, Torino 1963, vol. II, p. 32). Miel, pittore nato nel 1599 nei pressi di Anversa, arrivò a Torino da Roma, dove risiedeva probabilmente dal 1620, nel 1658 chiamato da Carlo Emanuele II dopo contatti avviati nella capitale pontificia dal principe Maurizio di Savoia con il clan dei Pamphili, filospagnoli, per lavorare al Palazzo Reale di Torino e alla Venaria. Già apprezzato in Piemonte per precedenti commissioni di pale d'altare (1651, invio da Roma della pala con la "Madonna presenta il Bambino a Sant'Antonio da Padova", per la cappella di Sant'Anna nel Duomo di Chieri sotto il patrocinio del conte Robbio di San Raffaele), Miel, pur essendo nominato nel 1661 priore della Compagnia di San Luca, non è coinvolto nei lavori che interessano in quegli anni le chiese cittadine, lavorando soprattutto per Venaria e Palazzo Reale. Sull'arrivo e l'attività del Miel alla corte torinese si veda G. ROMANO,1981, pp. 323-328; M. DI MACCO, 1988, pp.61-67. La scelta da parte di Carlo Emanuele II di un pittore di cultura romana doveva garantire un'apertura centro italiana capace di mantenere una certa autonomia dalla cultura della corte francese, rappresentata dal secondo comprimario attivo in questi anni, Charles Dauphin, dal 1658 pittore del principe di Carignano. In Palazzo Reale Miel abbandona il genere della "bambocciata", dispiegando una pittura classicista, aulica, volta verso Poussin e Sacchi. Miel lavora a Torino fino al 1663, anno della sua morte (P. SAN MARTINO, voce Miel Jan, 1989, vol. II, p. 816, con bibliografia precedente). |