notizie storico-critiche | Al suo esordio nel 1885, Alfredo Ricci fu salutato da Angelo Conti come la promessa dell'arte romana del tempo, insieme all'amico Alessandro Morani. Non è un caso che i due giovani artisti furono, a metà degli anni ottanta, i più strenui sostenitori di un rinnovamento della pittura romana che andasse oltre l'aneddoto e il dipinto di genere e che, soprattutto, non fosse coinvolta con il mercato e con i settori ufficiali. I due giovani artisti combattevano la loro battaglia rifiutando gli insegnamenti accademici e recandosi a dipingere la natura all'aria aperta, nei dintorni dell'Urbe, richiamandosi agli insegnamenti di Nino Costa, Alessandro Castelli e Vincenzo Cabianca, considerati loro maestri ideali. Cercando il sostegno di questi ultimi, Ricci e Morani fondarono nel 1886 l'associazione In Arte Libertas che raccoglieva il gruppo di artisti che avevano esposto nello studio Giorgi, in quella che sarà ricordata come la prima mostra del gruppo, nel febbraio di quello stesso anno. L'opera di Ricci rappresentava quasi paradigmaticamente le poetiche diffuse all'interno del cenacolo simbolista romano; essa era nutrita di suggestioni letterarie e dell'entusiasmo per il Trecento e il Quattrocento, sia letterario sia pittorico, oltre che per la musica. Nella poetica di Ricci la pittura di paesaggio appariva un genere poco affrontato, benché questo possa essere spiegato, verosimilmente, dal fatto che una maggiore applicazione in quel campo sia stata frenata dalla prematura scomparsa avvenuta nel 1889, lo stesso anno della realizzazione della "La raccolta delle mandorle", quando fu esposto all'annuale mostra di In Arte Libertas. In quest'opera - che alcuni critici hanno voluto ricondurre all'inizio della sua carriera (1883-85, cfr. Maselli 1938 e Bucarelli 1973, cfr. n.00039565) - si coglie la linea paesaggistica tracciata da Costa e dalla Scuola Etrusca, il punto di riferimento per la pittura di paese all'interno del cenacolo simbolista; apparentemente Ricci sembra indugiare ancora su tematiche aneddotiche della tradizione paesaggistica e pittoresca romana, ma invero egli pone l'attenzione su una ritualità arcaica che si vuole rintracciare nel lavoro dei campi, elemento che accomuna "La raccolta delle mandorle" ai "Lavori di maggio" dell'amico Morani, dipinto lo stesso anno ed esposto alla stessa mostra. Tuttavia, se i riferimenti di Morani vanno ricercati nella pittura inglese di George Mason, Ricci sembra più suggestionato dal paesaggismo francese di Jules Bastien-Lepage, che reinterpreta con una pittura leggera, dai toni pastellati, quasi evanescente.L'anno successivo alla sua morte, nel 1890, a Ricci fu dedicata una sala in sua memoria all'annuale esposizione di In Arte Libertas; in quell'occasione la "Raccolta delle mandorle" fu di nuovo esposta con gli studi a pastello anch'essi conservati alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna (nn. 00039564 e 00039565); Fleres, che in quella occasione scrisse un articolo importante che rappresenta la prima biografia critica dell'artista (cfr. Fleres 1890), afferma che, oltre ai disegni a noi noti, furono esposti altri tre studi di paese preparatori per il dipinto, dei quali si è oggi persa traccia. |