notizie storico-critiche | Nato nel 1820 nel Canton Ticino, in una famiglia di umili condizioni, Vincenzo Vela inizia, giovanissimo, a lavorare come scalpellino nelle cave di Besazio. Trasferitosi a Milano, si iscrive all'Accademia di Brera ma è soprattutto influenzato dalle ricerche formali di Lorenzo Bartolini e dalla pittura romantica di Francesco Hayez, come risulta dalle prime opere, quali la celebre Preghiera del mattino (1846, Milano, Ospedale Maggiore). Nel 1847 è a Roma, ove compie un soggiorno fondamentale per la sua formazione artistica per la possibilità di studio dell'opera di Michelangelo e Bernini. Al rientro a Milano, Vela, attivo in politica, combatte nelle Cinque giornate di Milano: le sculture di questi anni, come lo Spartaco (esposto a Brera nel 1851) e la Desolazione (1850, Lugano, Parco di Villa Ciani), testimoniano, infatti, non solo la sua vasta cultura in campo scultoreo ma anche il forte impegno civile. Nel 1853 si trasferisce a Torino, dove dal 1856 insegna all'Accademia Albertina fino al 1867, quando decide di rientrare definitivamente a Ligornetto.Nel 1882, in occasione dell'apertura del traforo del Gottardo, esegue Le vittime del lavoro, altorilievo in cui l'artista esplicita la propria ammirazione per le classi operaie, dedicando loro un'antiretorica celebrazione monumentale, eseguita di propria iniziativa e senza commissione. In una lettera pubblicata da Romeo Manzoni (1906, p. 281) Vela spiega i motivi che lo spinsero a realizzare l'opera: "Ho sempre amato ed ammirato i poveri oppressi, i martiri del lavoro, che rischiano la vita senza fare il chiasso dei cosiddetti eroi della guerra e che pensano solo a vivere onestamente (...). Mi sono sentito in dovere di ricordare alle persone di cuore questi umili martiri, che sono loro fratelli e lavorano per tutti eccetto che per se stessi." L'opera, sia per il tema affrontato che per l' efficacia realizzativa, è un vero e proprio manifesto di realismo sociale ed eserciterà un'indiscutibile influenza sulla lunga tradizione del verismo, anche oltre la fine del secolo. La scena rappresenta un gruppo di operai che, su di una barella, portano fuori della galleria, in cui stanno scavando, un compagno morto sul lavoro. La cadenza delle figure, che avanzano nell'oscurità del traforo, rischiarato solo dalla lanterna tenuta alta dall'operaio centrale, ha l'andamento di una lenta e solenne marcia funebre. La modellazione è ricca, sensibile a ogni dettaglio, le distorsioni anatomiche e i netti stacchi volumetrici sono indirizzati verso una funzionale e convincente enfatizzazione espressiva. Il grande gesso originale del rilievo (oggi conservato nella casa-museo di Vela, a Ligornetto) è esposto nel 1883 all'Esposizione Nazionale Svizzera di Zurigo, ove ottiene ampi consensi. Vela si impegnò ripetutamente per trovare all'opera una collocazione definitiva, ma non riuscirà a vederlo fuso in bronzo prima di morire. Il presente esemplare viene gettato in bronzo dalla Fonderia Bastianelli di Roma soltanto nel 1895, su richiesta del Ministero dela Pubblica Istruzione, che lo destinerà alla Galleria Nazionale. IL bronzo, esposto all'esposizione Universale di Parigi del 1900 (Parigi 1900, gr. II, cl. 9, n. 84), riaffermerà con il nuovo secolo, la centralità della presenza dello scultore svizzero nel panorama della cultura artistica italiana del secondo Ottocento. |