Invernomuto.net

Ho realizzato questo sito per rendere disponibile alla consultazione questa mole enorme di dati altrimenti difficilmente consultabili :)

Opera d'arte Mosè salvato dalle acque di Caliari Paolo detto Paolo Veronese (1528/ 1588), Caliari Paolo detto Paolo Veronese (1528/ 1588), a Torino

L'opera d'arte Mosè salvato dalle acque di Caliari Paolo detto Paolo Veronese (1528/ 1588), Caliari Paolo detto Paolo Veronese (1528/ 1588), - codice 01 00350734 di Caliari Paolo detto Paolo Veronese (1528/ 1588), Caliari Paolo detto Paolo Veronese (1528/ 1588), si trova nel comune di Torino, capoluogo dell'omonima provincia sita in palazzo, Manica Nuova, Palazzo Reale, via XX Settembre, 86, Galleria Sabauda
immagine - immagine non disponibile -
bene culturaledipinto, opera isolata
titoloMosè salvato dalle acque
soggettole schiave tirano fuori Mosè dall'acqua
tipo schedaOA_3.00
codice univoco01 00350734
localizzazioneITALIA, Piemonte, TO, Torinovia XX Settembre, 86
contenitorepalazzo, Manica Nuova, Palazzo Reale, via XX Settembre, 86, Galleria Sabauda
datazionesec. XVI ultimo quarto; 1582 (ca) - 1598 (ante) [bibliografia]
autoreCaliari Paolo detto Paolo Veronese (1528/ 1588), Caliari Paolo detto Paolo Veronese (1528/ 1588),
materia tecnicatela/ pittura a olio
misurecm, alt. 337, largh. 510,
condizione giuridicaproprietà Stato, Ministero per i Beni e le Attività Culturali
dati analiticiCornice modernaPersonaggi: Mosè; figlia del Faraone. Figure. Moda. Animali: cani; cavalli. Fiume: Nilo. Mezzi di trasporto: carrozza. Elementi architettonici. Paesaggio.
notizie storico-criticheIl dipinto è menzionato nella Sala del Giardino del Palazzo Ducale di Torino in una nota compilata da Carlo Emanuele I tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento (Bava, 1995). Il Riposo di Borghini (1584) non lo cita con le altre tele veronesiane presenti nelle collezioni sabaude ma l’omissione è probabilmente imputabile a una semplice svista per Coutts (1985), mentre per Cocke (1984) costituirebbe un indizio della sua provenienza dalla collezione del Duca di Mantova smembrata nei primi anni trenta del Seicento. Sulla base di alcuni disegni pare tuttavia che la genesi della composizione debba datarsi a ridosso dell’autunno del 1582, vale a dire contestualmente ad altre commissioni conferite al pittore da Carlo Emanuele I di Savoia e comprensive della Regina di Saba della Galleria Sabauda; di una perduta Adorazione dei Magi; un David con la testa di Golia, oggi forse riflesso in un pannello di piccolo formato attribuito ad Alvise del Friso conservato ad Hampton Court (cfr. Cocke, 1984, pp. 231-234 n. 99; Rearick, 1988, pp. 148-149 n. 77; Pignatti Pedrocco, 1991) e infine una Giuditta e Oloferne, riconoscibile per Rearick (Ibid.) nella frammentaria Giuditta del Kunsthistorisches di Vienna che però non coincide al dettaglio ed è in controparte rispetto alla versione anch’essa tramandata da Del Friso di Hampton Court. Tale ipotesi cronologica si basa sull’esistenza di alcuni schizzi rinvenuti su una lettera scritta al pittore dal trevigiano Marcantonio Gandini il 18 settembre 1582 (Washington, National Gallery of Art, inv. 1987.24-4) e ritenuti preparatori per la Giuditta e Oloferne, il David e Golia e l’ancella aggrappata al ramo e protesa in avanti del Ritrovamento di Mosè, collocata sul foglio della missiva in alto a destra (Cocke, 1984, pp. 231-234 n. 99). La prova grafica del Fitzwilliam Museum di Cambridge (inv. PD 21 1977) contiene invece uno studio preliminare del gruppo principale e di altre figure inserite nel dipinto sabaudo e attesta che la paternità dell’idea è imputabile allo stesso Paolo Caliari (Pallucchini, 1939; Cocke, 1984; Coutts, 1985), sebbene l’esecuzione sia in parte ascrivibile all’ausilio della sua bottega. Più specificamente Baudi di Vesme (1899; 1909) supponeva sia l’intervento del fratello Benedetto che del figlio Carletto, Pallucchini (1963-1964; 1939) sottolineava l’andamento grandioso e movimentato ma anche frammentato della composizione, a suo giudizio ideata da Paolo ma realizzata per lo più da Benedetto e altri anonimi collaboratori sotto la supervisione del maestro. A eccezione di Cocke (1984, 2001), convito sostenitore della paternità di Veronese anche sull’aspetto esecutivo, in generale la critica moderna circoscrive l’intervento di un aiuto alle parti secondarie del dipinto. Viceversa la Crosato Larcher (1969) riconosce a Benedetto i due gruppi di personaggi in primo piano e a Paolo il resto, oltre alla regia formale e cromatica dell’insieme. Come già sottolineato da Pignatti (1976) del soggetto furono eseguite diverse redazioni, tutte collocabili in una fase tarda del catalogo veronesiano e divisibili in due gruppi a seconda dell’andamento verticale od orizzontale della scena rappresentata. Alla prima categoria appartiene il piccolo formato del Prado di Madrid (Pignatti, Pedrocco, 1995, II, pp. 394-395 n. 282), replicato nella versione di Washington (Pignatti, Pedrocco, 1995, II, pp. 394-395 n. 282), in quella di collezione privata passata in asta a San Francisco nel 1998 (Gisolfi, 2007, p. 81) e del Musée des Beaux Arts di Lione (Rearick, 1988, pp. 143-144 n. 74); alla seconda fanno riferimento l’esemplare di Dresda (Pignatti, Pedrocco, 1995, II, pp. 196-197 n. 284) e la copia di scuola veronesiana dell’Art Institute di Chicago (Pignatti, 1976, I, p. 47). Ulteriori varianti di bottega sono note nei musei di Digione e di Liverpool, ma per Pallucchini (1984) la redazione torinese offre un esempio del tutto autonomo in rapporto alle altre e per Pignatti (1976) quello più lontano dal tema originariamente concepito. In effetti l’enfasi scenografica e la traduzione dell’episodio in chiave contemporanea si direbbe derivata dai precedenti elaborati attorno alla metà del Cinquecento da Bonifacio de’ Pitati e dalla sua bottega, primo fra tutti il festoso Ritrovamento di Mosè della Pinacoteca di Brera (cfr. anche Rearick 1988, pp. 142, 144), mentre per Coutts (1985) l’impaginazione scelta costituirebbe un aperto omaggio del maestro alle Logge di Raffaello. Inoltre la presenza di un possibile ritratto riconoscibile nell’uomo vestito di nero con gorgiera chiara, così come gli abiti aggiornati sugli esiti della moda cinquecentesca e l’inserimento nello sfondo a sinistra di una carrozza moderna, non palesano soltanto una generica omissione dell’ambientazione egiziana prevista a cornice del racconto biblico ma a rigor di logica indicano un nesso tra l’interpretazione del soggetto e le richieste avanzate dalla committenza. [Continua nel campo OSS]
altra localizzazioneluogo di provenienza: ITALIA, Piemonte, TO, Torino; luogo di deposito: ITALIA, Piemonte, TO, Torino
altre attribuzioniCaliari, Benedetto e Carletto
committenzaCarlo Emanuele I di Savoia (1582 ca.)
bibliografiaCochin, Charles Nicolas( 1769)I, p. 9; Bartoli, Francesco( 1776)I, p. 37; Callery, J. M.( 1859)pp. 135, 136; Jacobsen, Emil( 1897)p. 134; Caliari, Pietro( 1888)pp. 137, 365; Baudi di Vesme, Alessandro( 1897)p. 52; [Baudi di Vesme, Alessandro]( 1899)p. 152
definizionedipinto
regionePiemonte
provinciaTorino
comuneTorino
indirizzovia XX Settembre, 86
ente schedatoreS67
ente competenteS67
autori della catalogazioneCompilatore scheda: Accornero, Chiara; ; Funzionario responsabile: Referente scientifico: Gabrielli, EdithMoratti, Valeria
anno creazione2012
latitudine45.073139
longitudine7.684548

oppure puoi cercare...

  • opere d'arte nel comune di Torino
  • opere d'arte nella provincia di Torino
  • opere d'arte nella regione Piemonte