notizie storico-critiche | Renato (René) Paresce si formò nella tradizione post-macchiaiola toscana, nutrito anche del "cézannismo" che caratterizzava parte di quella cultura all'inizio del secolo. A partire dai primi anni dieci si trasferì a Parigi entrando in contatto con i circoli avanguardistici, in particolare del cosiddetto "cubismo dei cubisti" (Gris, Leger, Metzinger), approfondendo allo stesso tempo lo studio di Cézanne e Derain, che lo portarono a rompere con la sua formazione. Intorno al 1924, dopo aver accolto anche alcune lezioni del cubismo sintetico, l'artista aderì al generale clima di "rapelle à l'ordre" e in particolare alla declinazione italiana di esso, che volge lo sguardo alla tradizione, avvicinandosi nella fattispecie al "Realismo magico", dipingendo opere apparentemente in contrasto con le sue precedenti convinzioni anti-imitative e anti-naturalistiche. Il dipinto in esame - esposto nel 1926 alla I mostra del Novecento a Milano - rappresenta un esempio paradigmatico dell'arte dell'artista in quegli anni. Dal 1925 al 1928, in particolare, l'artista attua una sorta di sintesi tra la scelta di soggetti e composizioni "classiche" (recuperando ad esempio, come in questo caso, il paesaggio con gruppi di alberi come quinte scenografiche), e una forma che, seppure molto finita, si richiama a prospettive e scomposizioni di natura cubista. "Paesaggio classico", come suggerisce Stefania Frezzotti, 'è un divertissement intellettuale sul paesaggio "ideale" da Poussin a Corot' (cfr. Frezzotti 2005) che sembrerebbe porsi in relazione con un opera in collezione privata "Paesaggio romantico" dove, a essere rivisitato, è il paesaggio "reale" (ibidem). Il rapporto tra reale/ideale/pittura su cui Paresce riflette in quegli anni, lo porta ad indagare il paesaggio anche attraverso la fotografia che tuttavia non è mai strumento preparatorio per i suoi dipinti di analogo soggetto. Gli intimi e delicati accordi cromatici dei suoi paesaggi, come in questo caso, vogliono sottolineare la loro distanza dal reale: essi sono paesaggi evocati dalla pittura, illuminati di una luce irreale, fredda, nordica che cristallizza la composizione che viene raggelata. Stilisticamente sono ancora evidenti retaggi cezanniani e cubisti, a tratti persino naif, ma è evidente come in realtà l'artista si dimostri sensibile, come detto, al "realismo magico", che lo porta a distillare gli oggetti e a ricomporre le forme che in epoca precedente aveva scomposto su esempio del cubismo. |